di Gabriele Ottaviani
Adesso sono frantumata dal reale. Senza amore si cresce vuoti come piante secche e si muore, si continua a vivere morti; alimento quotidianamente l’esistenza di questa vita morta che mi cresce dentro. Più raffino la maschera della seduttrice sadica e irraggiungibile più mi frantumo, più scopo a caso con chiunque più smetto di provare piacere. Sento di non sentire nulla, forse non ho mai sentito nulla. Cosa darei per essere ancora capace di piangere.
Brama, Ilaria Palomba, Giulio Perrone editore. Bianca ha trent’anni, ma nonostante l’età non è così forte da affrontare la vita: ha tentato più volte di ammazzarsi, ed è stata ricoverata in diverse occasioni in psichiatria. Vorrebbe svincolarsi dal legame morboso con la madre, ricevere le attenzioni di un padre che è un paragone irraggiungibile, imporsi sul prossimo allo stesso modo in cui l’esistenza fa con lei, soffocandola, facendole desiderare il riscatto, la rivalsa, la vendetta. Fragilissima, incontra la persona più sbagliata di tutte, o forse no, Carlo Brama, che già nel cognome incarna un anelito bruciante e frustrante, un filosofo che la fa precipitare ancora di più nell’oscuro pozzo del suo passato, nella terra nera in cui affondano le sue radici, gravide di misteri, in una relazione feroce che non ha nulla di fiabesco: è l’autopsia della sua natura. Ilaria Palomba, che sa come si scrive e che ha una prosa colta e bella, che le deriva dalla sua formazione filosofica, continua la sua esegesi del disagio e la personale indagine dell’animo umano, specie nei suoi recessi più oscuri e vulnerabili, inducendo a una profonda riflessione. Da leggere.