di Gabriele Ottaviani
Appena gli parlo di ballare diventa lattiginoso. Lui odia muoversi in pubblico, dice che è come se riuscisse a vedersi dall’esterno e tutto questo lo blocca. Una volta ha fatto un paragone strano. Se non sbaglio ha detto che è come quando al telefono senti la tua voce ritardata di qualche decimo di secondo e non riesci più a parlare. Ha anche detto che per tutta la sua adolescenza è rimasto bloccato da questo riverbero.
«Io non ballo» dice infatti.
Mi alzo: «Allora vuol dire che ci andrò da sola.»
Sono quasi sicura che pur controvoglia mi seguirà, e mentre mi volto mi aspetto di sentirmi toccare un braccio. Invece niente. Ma la soddisfazione di tornare indietro non gliela voglio dare, per cui mi avvio decisa verso la pista.
Lo vedo che sta facendo finta di non guardarmi, mentre rigira pensoso il suo bicchiere tra le mani. Ammicco un po’ verso di lui, ma continua a fare l’indifferente.
«Carlotta?» mi sento dire alle spalle mentre la musica sta scemando.
«Simone!» dico. Quanti anni sarà che non ci vediamo? Dieci? Quindici?
Mi abbraccia e io rimango un po’ spiazzata. Ricambio l’abbraccio nella maniera in cui un pugile stanco si aggrapperebbe al sacco. Niente di troppo sexy o coinvolgente, insomma.
Immagino però la faccia che avrà Andrea in questo momento e cerco una conferma voltandomi verso di lui. Ma non c’è più.
«Cosa combini?» mi fa Simone. Sembra diverso dall’ultima volta, e non è solo per gli anni che sono passati. È come se gli fosse calata addosso una corazza di maturità.
«Lavoro per una casa editrice.»
«Figo.»
«Eh.» In due secondi siamo già passati ai monosillabi. «E tu?»
Non capisco la risposta perché la musica parte più indiavolata di prima. È il momento giovane della serata.
Al buio, Carlotta Borasio, Andrea Malabaila, Intermezzi. Lui è il marito, lei la moglie. Lui vede le cose dal suo punto di vista. Lei, invece, pure. Ognuno racconta la sua verità. O forse quella dell’altro? Chi siamo noi, in fondo? Cos’è che ci definisce? Quello che noi pensiamo di essere o quello che gli altri vedono di noi? C’è molta differenza tra una relazione e un gioco di specchi che si riflettono gli uni negli altri, in fondo? Chissà… Forse vale la pena di pensarci. O forse no. Anche perché magari nel frattempo può succedere che in una classica festa di paese, dove qualcuno litiga, qualcuno è geloso, qualcuno chiacchiera, balla, canta, mangia, si annoia, si sente escluso o infastidito o incontra dopo anni qualcuno che è stato importante in una delicata fase del proprio passato salti la luce e al suo ritorno ci si ritrovi con una vittima… Si legge d’un fiato, è un labirinto caleidoscopico dal ritmo serratissimo, è una delizia.