Libri

“Il cavaliere e la bella principessa”

Cavalieredi Gabriele Ottaviani

Gli abitanti di Campiglia Marittima sono gente tosta, orgogliosa, attaccata alle proprie tradizioni…

Il cavaliere e la bella principessa – Storia d’amore medievale a Campiglia Marittima – Historia obsidionis Campillia, Patrice Avella, Edizioni Il Foglio. Un tempo era solo Campiglia, poi al toponimo è stato aggiunto l’aggettivo per indicare che si tratta in modo specifico della località maremmana, così da non confonderla con nessun’altra: è un luogo di gran fascino, che nel millequattrocentoquarantasette Alfonso d’Aragona, re di Napoli, in marcia verso Milano, assediò lungamente. Ma mal gliene incolse: la resistenza tenace fu infatti dettata anche dall’amore, che, si sa, muove il sole e le altre stelle. Almeno così ci racconta con bella e fiabesca prosa Patrice Avella, che tratteggia due figure di nobili e giovani amanti difficili a dimenticarsi. Intenso, avvincente, avvolgente, coinvolgente, solido, emozionante, ben scritto e ben caratterizzato. Da leggere.

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Libri

“A tavola con gli Appiani”

Appianidi Gabriele Ottaviani

Filippo II cedette Siena a Firenze, ma prima la isolò dal mare…

A tavola con gli Appiani – Storia della famiglia degli Appiani e ricette della cucina del Rinascimento piombinese, Gordiano Lupi, Patrice Avella, Edizioni Il Foglio. Abitata sin dai tempi degli etruschi, e il suo stesso nome pare in effetti derivare da un appellativo che sta per piccola Populonia, Piombino, elegante e neghittosamente distesa su un promontorio che si tuffa come una sirena in un braccio di mare di rara bellezza, è città dalla storia lunga, varia e ricca, esistita sotto l’egemonia di Pisa e poi divenuta signoria e principato, passata attraverso la restaurazione e la seconda guerra mondiale (la battaglia che ne porta il nome è uno dei primi nevralgici episodi della Resistenza, nell’anno del Signore millenovecentoquarantatré), sinonimo di lotta, diritti, impegno, lavoro, industria, fabbrica, operai. Ma la storia e la cultura, si sa, passano anche attraverso le radici e le tradizioni culinarie: del resto siamo, al di là delle frasi fatte, ma proprio per naturale costituzione, quello che mangiamo. E la famiglia degli Appiani, come quel Gherardo che dopo sette anni di possesso vendette nel milletrecentonovantanove per duecentomila fiorini Pisa ai milanesi Visconti riservando per sé la località ora in provincia di Livorno, che fu possedimento della sua schiatta per più di due secoli, è l’albero frondoso sotto la cui ombra sono germogliate gemme che poi, evolvendosi, hanno dato vita ad autentici capisaldi dell’arte del buon mangiare in Italia: più che un libro un vero e proprio viaggio, punteggiato da splendide immagini. Da non perdere.

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“Piombino con gusto”

515EqTwIB-L._AC_US218_.jpgdi Gabriele Ottaviani

Non giocano più con tappini e buchette, i ragazzi di via Gaeta. Non si svegliano al rumore del lattoniere che percuote lamiere e speranze. Non odono la fiamma ossidrica del fabbro e non vanno più a comprare il pane dal Bonanni, i ragazzi di via Gaeta. Non vanno a messa la domenica da Don Claudio con la scusa del biliardino e del cinema parrocchiale. Non comprano più formaggio Bel paese al deposito Galbani di via Pisacane, i ragazzi di via Gaeta. E non bevono caffè al Bar Stadio dove Galliano ha smesso di narrare un passato da centravanti esiliato sui campi sterrati dell’Isola d’Elba. Non frequentano più l’asilo Spranger, con le suore vestite di nero, i ragazzi di via Gaeta. Non sentono più profumo di carbone dall’altoforno, non osservano finti tramonti e gabbiani come aeroplani da abbattere con fucili costruiti da canne divelte. Non comprano più sigarette di contrabbando in un albergo di via Pisacane, neppure pacchetti di Nazionali senza filtro nella tabaccheria che resiste, tra corso Italia e ricordi. Non sfogliano albi a fumetti alla Rinascita, sognando di comprarli tutti quando saranno ricchi, mentre un padrone dalla faccia lunare sorride e conosce la storia perché fa parte dei ricordi. Non fanno più colazione con le bocche di leone, i ragazzi di via Gaeta, non vanno a sbucciarsi i ginocchi in piazza Dante rincorrendo un Super Tele comprato al mercato. Non aspettano Ponzo e il profumo dei bomboloni all’uscita di scuola, i ragazzi di via Gaeta, non vedono Pino il cenciaio passare col barroccio e gridare con voce roca, non attendono l’arrotino o il materassaio. Sono tutti perduti, i ragazzi di via Gaeta, sparpagliati per le strade del mondo, anche se non è più il loro mondo, ma devono viverlo. Un giorno torneranno, i ragazzi di via Gaeta, abbracciandosi in un sogno, un giorno cavalcheranno i ricordi. Sarà tutto diverso, niente avrà il sapore del passato, neppure un cortile annerito e una rampa di scale percorsa nel pensiero, neanche il fantasma d’un nonno cantastorie, neppure un gelato evanescente comprato dal Pellegrini. Tutto profumerà di rimpianto.

Piombino con gusto – Ricette e ricordi, Gordiano Lupi, Patrice Avella, Il foglio. Siamo quello che mangiamo, perché da ciò che ingeriamo traiamo nutrimento e forza per vivere. Ma il cibo è anche cultura, perché rappresenta l’identità di luoghi e comunità, è un linguaggio, un simbolo, una presa di coscienza, una sintesi del reale, una sua rappresentazione, un momento di aggregazione, qualcosa che costituisce l’immaginario collettivo, una rete fatta di nodi, contatti, legami, connessioni, ricordi. E non serve scomodare l’immarcescibile e sublime Proust con i suoi biscottini dal potere taumaturgico e salvifico né tantomeno le leopardiane rimembranze, o addirittura Platone, per cui conoscere, in ossequio alla maieutica del suo straordinario maestro che, bontà sua, sapeva di non sapere e infatti sapeva più di tutti, è senza dubbio rammentare: Piombino con gusto è prima di tutto un sapidissimo viaggio dell’anima. Da non perdere assolutamente.

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