di Gabriele Ottaviani
Un pullman è in sosta sulla strada adiacente l’orfanotrofio. Gli ultimi giorni sono passati così velocemente che nessuno ha realizzato davvero ciò che sta accadendo. Sono state giornate un po’ strane, piene di sentimenti contrastanti di emozione per la nuova vita che li attende e tristezza per la separazione. Per la prima volta tutti sembrano andare realmente d’accordo. Tutti insieme senza scuse, amici veri e ragazzi che rispettano le loro età. Perfino Mattia non ha avuto niente da ridire sui suoi compagni. Non ci sono state prese in giro, scontri, pianti – fatta eccezione per quelli nascosti sotto le lenzuola. Una bella squadra, un bel gruppo di amici. Per l’ultima sera, Nadia ha organizzato una piccola festicciola con l’aiuto di Sofia e Giada; più che di addio, è stata una festa di ringraziamento per quegli anni trascorsi insieme, per celebrare la loro famiglia. La direttrice si è commossa, ed è stata costretta ad abbandonare la festa un po’ prima con scuse poco credibili. I ragazzini hanno fatto finta di niente per non metterla in imbarazzo. Anche loro sono dispiaciuti che tutto questo finisca, soprattutto in questo modo. Non col lieto fine in cui ognuno di loro ha trovato una famiglia, ma con un’imposizione. Più volte Nadia ha sottolineato che questa legge va a loro favore, che verranno accolti in luoghi più confortevoli e avranno ancora più attenzioni; che presto troveranno una famiglia, e che è solo l’ennesimo passaggio in una delle tante tappe della loro vita. Le vogliono dare fiducia anche questa volta, così come è stato per anni. Sono pronti. I ragazzini hanno messo poche cose negli zainetti. Non hanno molto, del resto. Le stanze sono più spoglie di prima, manca il loro calore e tutto risulta ancora più vuoto e spento. Le ragazze hanno lasciato ogni cosa in ordine, come al solito…
Il suo nome è Alex, Annalisa Arcoleo, Augh! Edizioni. Ha un bimbo stretto in grembo. Il suo nome è Alex. Così recita il biglietto. Sono le sue ultime parole. Lei muore. Di freddo. In mezzo alla strada. In mezzo alla gente. Da sola. Nessuno se ne cura. È il millenovecentonovantasei. Siamo sotto Natale, ma si sa che non è affatto vero che si diventa più buoni, né in quel periodo né mai. Per il piccolo non possono dunque altro che spalancarsi le porte di un orfanotrofio: il tempo passa, Alex cresce, compie i suoi primi passi nella vita, fa le sue esperienze, ma l’altrove al di fuori delle mura dell’istituto resta una grande incognita. Per fortuna che c’è Sarah, luce nella tempesta, faro nel buio, antidoto al veleno della solitudine. Ma la legge, come sempre calata dall’alto come una scure, senza tatto, senza grazia, senza attenzione, magari animata dalle migliori teoriche e concettuali attenzioni ma sempre noncurante del dopo, delle conseguenze, come la natura, che non ci prova nemmeno a giustificarsi con l’islandese leopardiano, non vedendo, del resto, perché dovrebbe, visto che lei il suo dovere l’ha fatto, il resto non è affar suo, impone la chiusura degli orfanotrofi: come fare, dunque, per preservare la fiaccola della tenerezza, ora che il moggio è stato svelto? Annalisa Arcoleo sa scrivere, sa emozionare, sa raccontare: splendido.