di Gabriele Ottaviani
C’erano fra i due pause dense…
Traduttrice anche di Conrad e Wilde, Camilla Salvago Raggi ama, e si vede, e del resto come darle torto, Virginia Woolf, e quando esce dalla dimensione dell’autobiografia, fermo restando che ogni scrittore, come in generale ogni artefice, non può che, anche quando inventa mondi altri, dar voce nella sua creatura a una parte intima di sé, riesce persino a essere addirittura più intensa di quanto già non sia d’abitudine: Amore che viene, amore che va (Lindau), raccolta splendida sin dal titolo deandriano – ante litteram – e dunque come l’autrice genovesissimo, antologizza racconti editi, amati finanche dalla Banti, e inediti, e attraverso le limpide prose di La bella gente, Quando ero paggio, Solo un breve paggio, Prima o poi, L’asta Malinverni, Da quali lontananze, Cieli aperti, Abschied, Padre Filippo, Un’estate ancora e La padrona giovane, ognuna delle quali è in nuce un romanzo compiuto e perfetto, indaga la multiforme e caleidoscopica commedia umana.