di Gabriele Ottaviani
Ella parlava posando le braccia sul tavolo, in un atteggiamento di difesa, chiusa a tutto.
[…]
Egli pensò che sarebbe stato facile corrompere questa giovane donna. E questo non è certo un pensiero di uomo virtuoso.
L’uomo nel labirinto, L’amata alla finestra, Gente in Aspromonte (Non è bella la vita dei pastori in Aspromonte, d’inverno, quando i torbidi torrenti corrono al mare, e la terra sembra navigare sulle acque. I pastori stanno nelle case costruite di frasche e di fango, e dormono con gli animali. Vanno in giro coi lunghi cappucci attaccati ad una mantelletta triangolare che protegge le spalle, come si vede talvolta raffigurato qualche dio greco pellegrino e invernale. I torrenti hanno una voce assordante. Sugli spiazzi le caldaie fumano al fuoco, le grandi caldaie nere sulla bianca neve, le grandi caldaie dove si coagula il latte tra il siero verdastro rinforzato d’erbe selvatiche. Tutti intorno coi neri cappucci, coi vestiti di lana nera, animano i monti cupi e gli alberi stecchiti, mentre la quercia verde gonfia le ghiande pei porci neri…), L’uomo è forte (Dale trovò Barbara alla stazione, secondo quanto le aveva scritto,. Doveva consegnarle un pacchetto e una piccola somma di denaro per parte di una zia di lei che abitava all’estero. Dale era stato all’estero fin dall’infanzia; aveva appena passato l’adolescenza, quando seppe che il suo paese era piombato nella guerra civile tra due partiti, Partigiani e Bande. Avevano vinto i Partigiani. Un giorno, quindici anni dopo questi avvenimenti, Dale visitò all’Esposizione internazionale di ***, dove abitava, un padiglione del suo paese d’origine; gli fece molta impressione una scultura che rappresentava una coppia, uomo e donna, alta otto metri, di gesso, che avanzava con passo forte guardando sicura davanti a sé. Questo gli diede un sentimento di naturalità e di novità che lo tenne in agitazione tutta la sera e poi i giorni seguenti. La coppia di gesso, che avanzava stringendosi la mano, faceva anche paura. Essa simboleggiava la nuova umanità nata da una sanguinosa rivoluzione…), L’età breve, Mastrangelina (È mio proposito raccontare quello che accadde nella città di Turio nel 1914. Costretto a vivere nella biblioteca comunale di questa città, vado occupando il mio tempo in un laoro che possa tornare utile a quelli che vorranno rintracciare un momento della storia dei turiesi, o turioti come si suol dire. Naturalmente, questo momento, o il breve periodo che mi metto a descrivere, comprenderà un poco del passato, giacché le persone che vi si incontreranno hanno una storia che raggiunge il suo punto più interessante proprio in quest’anno. Spero che la pazienza per scrivere di queste cose mi assista fino in fondo, e che non mi scoraggi il fatto di vedermi attorno tanti libri negli scaffali, in cui è scritto tutto e in cui tutte le combinazioni della fantasia umana sono esaurite…), Tutto è accaduto: ovvero il primo volume, edito da Bompiani, curato e introdotto da Geno Pampaloni – che ha definito il letterato in oggetto come uomo di fede, testimone di due religioni, quella laica della storia e quella più torbida dell’esistenza, quella dell’intervento della ragione e quella, passiva, della vita condotta dagli impulsi del destino, scrittore che vuole una letteratura che arrivi all’apice della cultura e che sa darci insieme il sentimento e il risentimento, la passione e il rimorso, l’adesione dell’intelligenza alla vita e il senso di colpa, autore in cui il mattone è sempre più significante della parete, il colore più della struttura […] Spesso, nei suoi libri, il pensiero tende alla dissolvenza, l’affabulazione stilistica circuisce l’oggetto narrativo sino a nasconderlo… – a cui si deve, insieme a Pietro De Marchi, anche l’apparato, delle Opere di Corrado Alvaro. Il secondo volume, invece, si compone di Il mare, Settantacinque racconti, La moglie e i quaranta racconti: attraverso queste poderose opere si ha quindi la possibilità impareggiabile di osservare completamente la magnificenza e la poliedricità della narrativa di uno dei più grandi, misconosciuti e sottovalutati scrittori del Novecento italiano. Giornalista per moltissime testate (diresse anche quella edita da Achille Lauro, ma la svolta a sinistra che le impresse gli consentì di occupare per brevissimo tempo la poltrona), vincitore del Premio Strega, poeta e sceneggiatore (Casta diva, Una donna tra due mondi, L’albero di Adamo, Terra di nessuno, Solitudine, Fari nella nebbia, Noi vivi, Carmela, Febbre, La storia di una capinera, Resurrezione, La carne e l’anima, Caccia tragica, Riso amaro, Donne senza nome, Patto col diavolo, Roma ore 11), primo di sei figli di un maestro e di una figlia di piccoli possidenti, nativo dell’entroterra calabro, cacciato dal collegio frascatano di Villa Mondragone, oggi splendida proprietà immobiliare dell’università di Tor Vergata, diretto all’epoca dal grecista Lorenzo Rocci, sul cui vocabolario si è sudato per cinque anni alla ricerca dell’ottativo perduto, perché sorpreso nel millenovecentodieci, quindicenne, a leggere il carducciano Inno a Satana, combattente nella Grande Guerra, firmatario del manifesto antifascista di Croce, autore nel millenovecentotrentaquattro, di un reportage di cui rivendica la legittimità sulla bonifica dell’agro pontino in quanto da sempre legato alla terra e alla fatica dell’uomo, è una voce fuori dal coro. Indispensabile.