di Gabriele Ottaviani
Ma anche l’attività intellettuale può somigliare a una veglia d’armi, all’attesa pura e spasmodica della battaglia, dove l’impulso in fondo giustificato a vincere l’assurdità di ciò che si sta facendo e scapparsene a casa va frenato con dosi massicce di autocontrollo e senso del dovere – quello antico, assoluto e gratuito. Gli intellettuali si mostrano così spesso vigliacchi perché a loro sarebbe in effetti richiesto il coraggio e la tenacia di un soldato: debbono tenere la posizione anche se quasi tutto intorno a loro sembra dire che non vale la pena, che la strada intrapresa è sbagliata, non porta a niente. L’utilità di ciò che fanno è tanto difficile da verificare che solo una religione un poco ottusa permette loro di restarvi fedeli, ignorando i segnali di incertezza, cancellando i dubbi appena si affacciano, ripetendo dentro di sé le formule propiziatorie imparate durante l’addestramento. Autoconvincimento e disciplina. Ma non sempre funziona. Come il soldato che si appresta a mollare il fucile e scappare pensa che in fondo non sarà mai la sua singola diserzione a far perdere la guerra al proprio esercito, così uno che sta faticosamente scrivendo un saggio o un romanzo o un sonetto, o corregge le bozze di saggi e romanzi e poesie scritti da altri, come si accingeva a fare il Coboldo, potrebbe essere scosso dal ragionevole dubbio che il mondo non verrà affatto modificato grazie alla sua opera, se questa viene portata a termine oppure no, e tale consapevolezza finisce per rivelare come derisorio persino l’atto fisico del lavoro, in realtà prossimo all’inazione, la sua solitudine priva di riscatto…
Desideri deviati – Amore e ragione, Edoardo Albinati, Rizzoli. Premio Strega per La scuola cattolica, scrittore raffinato e dalla prosa mai banale e sempre profonda e stimolante, narratore e docente, in carcere, il che gli conferisce un punto di vista senza dubbio particolare per quel che concerne anche il ruolo, la percezione e la valenza della cultura nell’accezione più ampia del termine, Albinati fotografa da sotto in su, dalle viscere fino alle aspirazioni al trascendente, che però non hanno nulla di metafisico, anzi, sono dannatamente materiali (perfetta la copertina), una città fatta di uffici, moda, industrie e una brulicante umanità, di cui fa parte Nico Quell, di nuovo protagonista, in cerca, senza nemmeno averne piena consapevolezza, del suo posto del mondo, sempre lacerata dal dissidio tra essere, avere e potere e da perversioni cui non sa neppure di soggiacere: attualissimo e solenne.