di Gabriele Ottaviani
Il Veneziano appoggiò rapidamente la canna contro la nuca del più vicino e fece fuoco, poi fece lo stesso con l’altro che non aveva fatto nemmeno in tempo a girare la testa per vedere cosa stesse succedendo. I due corpi caddero in avanti appoggiando le teste sul tavolo, come per dormire. I due cervelli erano esplosi e materiale cerebrale era sparso tutto attorno. Poco sangue era fuoriuscito e sporcava il tavolo. Il Veneziano tirò un sospiro di sollievo, “meglio loro di me” pensò. Li perquisì trovando nella tasca del soprabito di quello che parlava sempre un’altra busta contenente cinquecentomila lire e altre ventiduemila lire nel portafoglio, e, nel portafoglio dell’altro, centoventimila lire più dieci banconote da cento marchi tedeschi. Intascò il denaro, non controllò nemmeno la loro identità, ignorò i loro documenti. Andò verso il fienile dove prese tre grossi sacchi di canapa. Grandi e robusti, erano quelli che si usavano per portare a spalla il frumento appena trebbiato dalla trebbiatrice all’aia, dove il grano sarebbe stato steso a seccare al sole. Tornato al tavolo, spogliò completamente i due cadaveri, li insaccò, poi inserì nel terzo sacco tutto ciò che avevano addosso: indumenti, scarpe, portafogli, orologi, catenine, richiuse accuratamente i sacchi appoggiandoli per terra a qualche metro dal tavolo. Trattenne solamente le Browning automatiche che i due avevano addosso. Fece il giro della casa e, dal lato dove era parcheggiata l’auto, accese il fuoco nel fornellone che serviva per scaldare l’acqua quando ammazzavano il maiale: l’acqua, una volta bollente, veniva versata sulla pelle dell’animale appena macellato ed appeso con un gancio ad una trave, per renderla morbida, così da poterlo depilare accuratamente in modo che la pelle, o cotica, fosse poi adatta per essere macinata e farne cotechini.
Barian Beach, Attilio Biancardi, Albatros. Inserita nella prestigiosa longlist di quest’anno di una delle più importanti rassegne letterarie italiane, il Premio Comisso, giunto alla trentanovesima edizione, la solida prova letteraria di Attilio Biancardi, dirigente industriale ora in pensione e al debutto come romanziere che attinge ai luoghi della sua giovinezza – è nato e cresciuto nel Rodigino, per poi trasferirsi a Padova e ora nel Trevigiano – per delineare un affresco di pura fantasia ma credibilissimo, anche grazie all’evidente lavoro di ricerca alla base, condotto, per sua stessa ammissione, pure sulla base degli scritti, dedicati a Castelmassa, del maestro Luigi Parmeggiani, narra, con ritmo avvincente, amalgamando con perizia vari piani narrativi e diverse dimensioni spazio-temporali, la vicenda di un ragazzo che, all’inizio degli anni Sessanta, riceve in eredità una somma immensa, sottratta nientedimeno che alle ricchezza del Terzo Reich. È chiaro che non ci si possa esimere dal saperne di più, dal cercare di capire, conoscere, comprendere, approfondire, immergendosi nei meandri della storia con l’iniziale maiuscola e scoprendo inattese rivelazioni, anche su di sé. Da non perdere.