Libri

“Poesie brutte”

unnameddi Gabriele Ottaviani

Nel nostro nido d’amore

c’è posto

per un uccello

solo.

Tutti pensano di poter fare poesia. Lo pensa la poesia stessa. Che quindi è diventata caricatura di sé medesima, a livelli imbarazzanti, e non solo per colpa di certi cioccolatini inventati da Luisa Spagnoli o di taluni social su cui più che altro si seguono splendide fanciulle e/o, a seconda dei gusti, nerboruti giovanotti dalle significative aderenze e vestiti per lo più solo di epidermide, tra paesaggi d’incanto e teneri gattini sempre pronti a comparire dinnanzi all’obiettivo. È perché tutto, ormai, è reificato. Ma la china si può invertire. In primo luogo stigmatizzando, con genio e ironia, la bruttezza. Che è comunque una categoria estetica. Paolo Agrati dà alle stampe una raccolta paradossale e magnifica, Poesie brutte, per Edicola, con la prefazione di Roberto Mercadini e le illustrazioni di Alessandro Bonaccorsi, ideatore del Corso di Disegno Brutto. Da non lasciarsi assolutamente sfuggire.

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Libri

“Partiture per un addio”

Copia-di-Partitura.copertina.2di Gabriele Ottaviani

Eppure dovrebbero sapere. La solitudine tiene sempre compagnia.

Partiture per un addio, Paolo Agrati, Edicola. Strozzandosi nel rivo, la vita è scorsa: è il doloroso e in un certo senso al medesimo tempo liberatorio senso della fine uno dei numerosi temi, forse in assoluto il principale, di questa raccolta di quarantasei icastici e magnifici componimenti dall’estrema, straziante, sorprendente, mai retorica forza espressiva, una sorta di Spoon River su cui di tanto in tanto si alzano in volo delicate silhouette (molto suggestive le illustrazioni del testo). L’esigenza che ha generato il volume è infatti, con ogni evidenza, quella di affrontare l’ultimo solo vero e grande tabù innominabile della nostra spavalda, liquida e reificante società: la morte. Ognuno dei personaggi ha una voce, è uno strumento, suona il suo brano, la sua partitura, la porzione, per quel che gli compete, dell’umana sinfonia. Straordinario.

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