di Gabriele Ottaviani
La condanna di Craxi, che al momento della sentenza si trovava già in Tunisia, restò immutata in appello mentre il giudizio in Cassazione venne meno per la morte dell’imputato.
Ad Hammamet – Ascesa e caduta di Bettino Craxi, Mario Pacelli, Graphofeel. A partire dal nove di gennaio nei cinema di tutta Italia farà splendida mostra di sé – e ha già incuriosito in molti sin dalle prime immagini che sono state diffuse per quella che pare davvero essere una straordinaria prova mimetica del suo protagonista, il sempre valido Pierfrancesco Favino – il nuovo film (con Claudia Gerini, Omero Antonutti, Renato Carpentieri, Giuseppe Cederna e tanti altri) di uno dei più prestigiosi cineasti italiani, Gianni Amelio, che si confronta con uno dei personaggi in assoluto più significativi, nel bene e nel male, della storia repubblicana del nostro Paese, un uomo di cui si ricordano l’aspetto possente, l’edonismo gaudente e la vera e propria corte di personaggi più o meno qualificabili e clientes che gli hanno gravitato attorno finché le convenienze lo hanno reso auspicabile, i trionfi e le rovinose cadute, le monetine di cui fu fatto bersaglio, invitandolo a non sprecare nemmeno quelle briciole, dopo il mare di tangenti spazzolato nel corso di uno dei periodi più squallidi del Novecento politico italiano, fatto di scandali, suicidi, giustizia sommaria e tentativi patetici di ricostruirsi una verginità, all’uscita dal suo quartier generale, un celebre albergo nel cuore di Roma, e gli ultimi anni in Tunisia: Bettino Craxi. Mario Pacelli, fine esegeta, saggista, docente di diritto pubblico, a lungo funzionario di Montecitorio, dove si è occupato dell’archivio storico, delle commissioni bicamerali d’inchiesta, degli studi e dei progetti sulle pubblicazioni storiche e periodiche e di molto altro, tratteggia un ritratto vivido e interessante, da conoscere.