33 tff

33TFF – I vincitori

tff_piazza_scarloPubblicazione a cura della redazione del comunicato stampa

La Giuria di Torino 33 – Concorso Internazionale Lungometraggi, composta da Valerio Mastandrea, Marco CazzatoJosephine Decker, Jan-Ole Gerster, Corin Hardy assegna i premi:

Miglior film (€ 15.000) a:

KEEPER di Guillaume Senez (Belgio/Svizzera/Francia, 2015)

—————————————

Premio Speciale della giuria – Fondazione Sandretto Re Rebaudengo (€ 7.000) a:

LA PATOTA di Santiago Mitre (Argentina/Brasile/Francia, 2015)

                                                    ————————————

 

Premio per la Miglior attrice a:

Dolores Fonzi per il film LA PATOTA di Santiago Mitre (Argentina/Brasile/Francia, 2015)

                                               —————————————

Premio per il Miglior attore a:

 

Karim Leklou per il film COUP DE CHAUD di Raphaël Jacoulot (Francia, 2015)

                                               ————————————————-

Premio per la Miglior sceneggiatura ex-aequo a:

A SIMPLE GOODBYE di Degena Yun (Cina, 2015)

e

SOPLADORA DE HOJAS di Alejandro Iglesias Mendizábal (Messico, 2015)

                                               —————————————————-

Premio del pubblico a:

COUP DE CHAUD di Raphaël Jacoulot (Francia, 2015)

TFFdoc

INTERNAZIONALE.DOC

La Giuria di Internazionale.doc, composta da Maja Bogojevic, Leonardo Di Costanzo, Marie Losier assegna i seguenti premi:

Miglior film per Internazionale.doc (€ 5.000) a:

 

FI RASSI ROND-POINT di Hassen Ferhani (Algeria/Francia, 2015)

Con la seguente motivazione:

Per la precisione, il rigore, la pertinenza delle scelte che permettono di trasformare un luogo di lavoro duro e di morte in una serie di tableaux vivants colmi di delicatezza, ironia e calore umano.

Premio Speciale della giuria per Internazionale.doc a:

 

GIPSOFILA di Margarida Leitão (Portogallo, 2015)

Con la seguente motivazione:

Un ritratto toccante e affettuoso della nonna dell’autrice e del suo rapporto con la nipote, che illustra, con un umorismo superbamente sfaccettato, storie di contrasti, avventure, legami e incomprensioni tra donne di tre generazioni diverse e trasferisce, con candida sincerità e attraverso un approccio documentaristico minimalista da cinéma verité da parte della matura cineasta Margarida Leitão, i momenti emotivamente intensi di felicità e di tristezza nella vita delle donne.

ITALIANA.DOC

La Giuria di Italiana.doc, composta da Jonas Carpignano, Minnie Ferrara, Giovanni Giommi, assegna i seguenti premi:

 

Miglior Film per Italiana.doc in collaborazione con Persol (€ 5.000) a:

 

IL SOLENGO di Alessio Rigo de Righi e Matteo Zoppis (Italia, 2015)

Con la seguente motivazione:

Il rincorrersi di ”voci di paese” costituisce la struttura narrante di questo film perfettamente riuscito. La rivincita nel documentario creativo delle “teste parlanti” che, come un coro tragico, ci introducono alla storia di un uomo solitario e misterioso, scomparso chissà dove. Fondamentale l’apporto della fotografia e della cura del suono, per la riuscita dell’intera opera. Imprevisto e delizioso il finale a sorpresa, cardine intorno al quale ruota l’equilibrio della narrazione.

 

Premio Speciale della giuria per Italiana.doc a:

 

LA GENTE RESTA di Maria Tilli (Italia, 2015)

Con la seguente motivazione:

Per la capacità di raccontare la storia della famiglia Resta, la meravigliosa spontaneità dei bambini, la vita delle donne, il lavoro degli uomini ed insieme una città che vive intensamente il dibattito intorno alla fabbrica e al mare. Un film contestualizzato e convincente che trasporta lo spettatore nei luoghi più nascosti di Taranto e che trasmette con sobrietà le paure e le speranze di coloro che restano.

ITALIANA.CORTI

 

La Giuria di Italiana.corti, composta da Dente, François Farellacci, Tiziana Lo Porto, assegna i seguenti premi:

 

Premio Chicca Richelmy per il Miglior film (€ 2.000 offerti da Associazione Chicca Richelmy) a:

LE DOSSIER DE MARI S. di Olivia Molnàr (Belgio, 2015)

Con la seguente motivazione:

Per aver trasformato la molteplicità dei supporti e delle tecniche in un punto di forza e non di dispersione. Per la riconoscibilità e personalità dello sguardo e l’utilizzo espressivo di suoni e musiche. Perché ha dimostrato fiducia nella capacità del cinema di trasmettere emozioni e raccontare storie.

 

 

Premio Speciale della giuria a:

LA DOLCE CASA di Elisabetta Falanga (Italia, 2015)

Con la seguente motivazione:

Per la sua capacità di ascolto e di dialogo con la realtà. Perché ha capito che la “prise de risque ” ė la premessa necessaria a qualsiasi sguardo documentaristico.

 

 

SPAZIO TORINO – CORTOMETRAGGI REALIZZATI DA REGISTI NATI O RESIDENTI IN PIEMONTE

 

Premio Achille Valdata per il Miglior cortometraggio in collaborazione con La Stampa – Torino Sette a:

TRAM STORIES di Leone Balduzzi (Italia, 2015)

Con la seguente motivazione:

Per la modernità e l’ironia della messa in scena e la particolarità del montaggio.

PREMIO FIPRESCI

La Giuria del Premio Fipresci, composta da Kerem Akca, Gyözö Miklos Mátyás, Luca Pellegrini,  assegna il Premio per il Miglior film a:

LES LOUPS di Sophie Deraspe (Canada/Francia, 2015)

Con la seguente motivazione:

Les loups è un viaggio terso e vero in territori che ci appaiono ancora sconosciuti. Sophie Deraspe disegna i rapporti umani e ambientali con grande forza drammatica, trasforma la gelida metafora ecologista in un caldo dramma familiare, senza forzature ma con sensibilità di donna e d’autrice, sigillando così un cinema essenziale ed emotivo insieme.

PREMIO CIPPUTI

La Giuria, composta da Francesco Tullio Altan, Mariano Morace, Costanza Quatriglio assegna il Premio Cipputi 2015Miglior film sul mondo del lavoro a:

IL SUCCESSORE di Mattia Epifani (Italia, 2015)

PREMI COLLATERALI

PREMIO SCUOLA HOLDEN – Storytelling & Performing Arts

La Giuria composta dagli allievi e dalle allieve del secondo anno del College di Cinema assegna il premio

Miglior sceneggiatura di Torino 33 a:

 

SOPLADORA DE HOJAS di Alejandro Iglesias Mendizábal (Messico, 2015)

Con la seguente motivazione:

Chiavi sotto foglie secche. Adolescenti che perdono l’infanzia. Desideri malinconici. Belle gambe. Un film irriverente, sincero, delicatamente ironico, profondamente semplice.

Poi, qué será será.

 

 

PREMIO ACHILLE VALDATA

La Giuria composta da 10 lettori di “Torino Sette” assegna il premio Miglior film di Torino 33 a:

 

LA PATOTA di Santiago Mitre (Argentina/Brasile/Francia, 2015)

Con la seguente motivazione:

Per la tecnica narrativa, l’argomento forte e provocatorio trattato e la psicologia dei personaggi.

 

 

PREMIO AVANTI

La Giuria del Premio AVANTI (Agenzia Valorizzazione Autori Nuovi Tutti Italiani) composta da Danilo Monte (regista),Alessandro Uccelli (Cineforum), Andrea Zanoli (Lab 80 Film) propone, per la distribuzione nel circuito culturale curata da Lab 80 film, il seguente film:

 

DUSTUR di Marco Santarelli (Italia, 2015)

Con la seguente motivazione:

Per la capacità di raccontare il fondamento umanistico delle costituzioni moderne e le contraddizioni del processo democratico, con una forma cinematografica solida e coerente, che riesce a superare limiti fisici e culturali, come il carcere, le sovrastrutture linguistiche e quelle religiose.

Menzione speciale a:

VINCENZO DA CROSIA di Fabio Mollo (Italia, 2015)

Con la seguente motivazione:

Per aver portato alla luce una storia accantonata del nostro passato recente, dagli inattesi risvolti umani, politici e poetici. Trattando con delicatezza un’imponente mole di materiale di repertorio, il film trascina lo spettatore in uno stato di sospensione, a suo modo magica, circa la veridicità dei fatti testimoniati.

PREMIO GLI OCCHIALI DI GANDHI

Assegnato dal Centro Studi “Sereno Regis” (Torino), la cui Giuria, composta da Eliana Cantone, Teodoro Cavalluzzo, Angela Dogliotti, Pierandrea Moiso, Carlo Griseri, assegna il Premio Gli Occhiali di Gandhi al film:

DUSTUR di Marco Santarelli (Italia, 2015)

Con la seguente motivazione:

Citando dal film: “Per creare una società buona gli individui devono essere in relazione, consultarsi tra loro e agire in base ai propri accordi. Non si faccia discriminazione in base a posizione sociale, ricchezza, fama, religione. Affinché la società si sviluppi culturalmente, moralmente e sia coesa, è necessario che si proceda in accordo con l’opinione della maggioranza, e che si avvicini alla classe dei più deboli e poveri, dialoghi con loro e prenda in considerazione le loro richieste”.

Menzione speciale a: LA PATOTA di Santiago Mitre (Argentina/Brasile/Francia, 2015)

Con la seguente motivazione:

Per la rinuncia a una risposta violenta davanti ad una aggressione; benché risarcimento e vendetta vengano offerti da più parti, la protagonista li rifiuta in favore di un percorso personale di comprensione e di ricerca della verità, anche a costo di non essere sostenuta e compresa.

Menzione speciale a: IDEALISTEN di Christina Rosendahl (Danimarca, 2015)

Con la seguente motivazione:

Per l’esempio di giornalismo di pace applicato alla denuncia del rischio nucleare, spesso rimosso. Pur non compiendo atti clamorosi, il protagonista diventa un eroe nella sua normale e ostinata ricerca della verità.

La cerimonia di premiazione del premio Gli Occhiali di Gandhi si terrà presso la Sala “Poli” del Centro Studi “Sereno Regis” in via Garibaldi 13 a Torino, alle ore 16.00 di sabato 28 novembre.

PREMIO INTERFEDI

La Giuria Interfedi, promossa dalla Chiesa Valdese e dalla Comunità Ebraica di Torino, con il patrocinio del Comitato Interfedi della Città di Torino, e composta da Ada Treves (in rappresentanza della Comunità Ebraica), Marco Fraschia (Chiesa Valdese), Beppe Valperga (Comitato Interfedi) attribuisce la terza edizione del “Premio Interfedi – Premio per il rispetto delle minoranze e per la laicità” a:

COUP DE CHAUD di Raphaël Jacoulot (Francia, 2015)

Con la seguente motivazione:

Con occhio lucido e distaccato racconta le difficoltà di integrazione e la fragilità dei rapporti interpersonali all’interno di una piccola comunità rurale. La storia di un’estate anormale in cui la natura stessa è protagonista e fa emergere tensioni e conflitti in una vicenda dove menzogna, ipocrisia e pregiudizi convergono nella diffidenza verso un diverso, che non può essere altro che vittima o assassino.

 

Menzione speciale a: FLOTEL EUROPA di Vladimir Tomic (Danimarca/Serbia, 2015)

Con la seguente motivazione:

Film importante e meritevole per la sua forza e per come costringe a soffermarsi su cosa sia in realtà, in un contesto ed epoca particolari, la vita di migranti e profughi una volta raggiunto un paese sicuro. L’impossibilità di integrarsi, vivendo su una nave ormeggiata, e la realtà di una vita trascorsa ad attendere qualcosa che potrebbe non arrivare mai sono i temi di un documentario disperato che è anche sguardo sul passato e quasi percorso di iniziazione.

Un ringraziamento a quanti hanno sostenuto il 33° Torino Film Festival.

 

Con il contributo di: Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Regione Piemonte, Città di Torino.

Con il sostegno di: Compagnia di Sanpaolo, Fondazione CRT, Rai.

Main sponsor: Intesa Sanpaolo, Fiat, Vodafone.

Sponsor: Persol.

Vettore ufficiale: AirFrance.

Partner culturali: Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Associazione Chicca Richelmy, Istituto Giapponese di Cultura, IED Torino, Fondazione ITS per l’ICT, Università degli Studi di Torino, Conservatorio Statale di Musica Giuseppe Verdi di Torino, Fondazione Ente dello Spettacolo, MyMovies.it,  Contemporary Art Torino Piemonte.

Partner: Ascom, Rear, Sub-ti, Euphon, Soft Solutions.

Partner tecnici: Martini, Caffè Vergnano, Mbun-Molecola, Novacoop, Acqua Sant’Anna, Kappa.

Media partner: Rai Movie, Rai News24, Rai Radio 2, Rai Radio 3, Torino Sette, Fred Radio, Movieplayer.it, Cinecittà news, Giornalettismo, Ildocumentario.it, Festival Scope.

Standard
33 tff

“A simple goodbye”

immdi Gabriele Ottaviani

Un padre che sta per compiere il suo ultimo viaggio. Una figlia che ritorna. Tanti nodi da sciogliere, un’identità familiare e individuale da ricomporre. La ricerca di una nuova pace. Per un nuovo inizio. A simple goodbye, delicato, commovente, intenso, bellissimo e scritto in maniera davvero eccellente, è la storia profondamente autobiografica della sua regista: da non perdere.

Standard
33 tff

“Heterofobia”

eterofobiadi Gabriele Ottaviani

Mariano è un ragazzo argentino gay che vive la sua condizione con vergogna e pena. Per questo si annulla in relazioni che hanno tutte le caratteristiche dell’abuso. Un film che supera di poco i sessanta minuti – ma pare durare molto di più – che sembra uscito dalla factory di Warhol, inevitabilmente datato, sessualmente esplicito fino alla ripulsa, un’opera di arte concettuale che però rende impossibile l’empatia. Heterofobia, sezione Onde (tradizionalmente la più sperimentale del festival di Torino), regia di Goyo Anchou.

Standard
33 tff

“Pompei, eternal emotion”

ymfvp0s1di Gabriele Ottaviani

Un corto istituzionale sostenuto dalla regione Campania, con una bellissima fotografia, musiche che comprendono anche Debussy e la regia limpida di Pappi Corsicato, che mettono in risalto lo splendore dolente – purtroppo spesso la manutenzione del nostro inestimabile patrimonio artistico lascia piuttosto a desiderare – di Pompei, la città immortalata dalla lava del Vesuvio. Pompei, eternal emotion è una patinata e brillante cartolina di un capolavoro di storia e di ingegno.

Standard
33 tff

“Hamlet”

1856di Gabriele Ottaviani

Duecentodieci minuti non sono uno scherzo, ma quelli effettivi di spettacolo sono almeno trenta di meno. Ci sono anche degli extra molto interessanti – oltre a un terzo d’ora di intervallo – nel live dell’Hamlet che ha battuto ogni record nella scorsa stagione teatrale londinese, in prima mondiale al 33TFF e nelle sale il prossimo aprile. Un allestimento magnifico, moderno ma filologicamente coerente, una storia immortale e sempre attuale, una compagine di attori formidabili, su cui spicca un protagonista bravo davvero, Benedict Cumberbatch. Semplicemente da non perdere.

Standard
33 tff

“Hello, my name is Doris”

doris2di Gabriele Ottaviani

Doris Miller ha più di sessant’anni. Ha accudito per tutta la vita i genitori, in particolare la mamma. Che l’ha chiamata così in onore di Doris Day. E che ora è morta. Lasciandola sola a Staten Island con un gattone bianco in una casa soffocata da valanghe di cose di nessun valore, se non affettivo, per lo più conservate compulsivamente nella vana attesa che magari tornino utili, e da una montagna di ricordi e rimpianti, zattere cui aggrapparsi con tutte le forze. Casa sulla quale vogliono mettere le mani il fratello e soprattutto la cognata, come sovente accade simpatica come una metastasi. Fratello e cognata che ovviamente si sono ben guardati dal darle una mano quando aveva bisogno. Loro dovevano fare la loro vita. Tanto c’era Doris a sacrificarsi. A rinunciare a studiare. A rinunciare all’amore. A una vita sua. Per affetto, abnegazione, senso del dovere e di responsabilità, paura. A tirarsi indietro perché gli altri potessero andare avanti. A lei sono rimasti i libri romantici e appassionati, quelle quattro mura che recintano e colmano di senso la sua vita, l’abbigliamento improbabile, un’amica saggia, tenera e burbera (la sempre meravigliosa Tyne Daly), un’occupazione abbastanza alienante come contabile e il disperato desiderio di sognare, oltre ogni ragionevolezza, l’arrivo del suo turno per la felicità. Così, quando sul posto di lavoro, a Manhattan, a un traghetto e un treno di distanza da casa, conosce il nuovo direttore artistico dell’azienda, il giovane e bellissimo John Fremont (Max Greenfield)… Michael Showalter dirige e, insieme a Laura Terruso, scrive Hello, my name is Doris, che chiude la rassegna del 33TFF, un filmetto nel suo genere assolutamente adorabile, esilarante, divertente, carino. E con una protagonista che definire fantastica è riduttivo: è una attrice adorabile Sally Field. D’altronde due Oscar, due Golden Globe e tre Emmy non si vincono certo per caso…

Standard
33 tff

“Prima che la vita cambi noi”

arton32184-8f6f1di Gabriele Ottaviani

Negli anni Sessanta e Settanta hanno vissuto nelle comuni, usato sostanze stupefacenti, viaggiato verso l’Oriente, fatto volantinaggio, musica, arte: adesso sono qui, rammentano e parlano. Prima che la vita cambi noi documenta i ricordi di un gruppo di persone – tra cui Eugenio Finardi – che sono state giovani in un periodo in cui certe istanze di cambiamento erano salite alla ribalta della scena politica, culturale, sociale e collettiva italiana: e questo è il livello di approfondimento cui si ferma. Guardandolo viene da chiedersi: “Sì, ok, ma quindi?”. Nel senso: voi siete rimasti uguali, solo con un’età maggiore, pertanto non siete cambiati. Ma non avete cambiato nemmeno il mondo: perché? Non si arriva al nocciolo della questione, il film rimane una godibile ma piuttosto fumosa carrellata di aneddoti e lampanti contraddizioni che, tra Nanni Moretti e Renato Carosone (i soldi per le sigarette venivano dalla borsetta di mammà per colui che voleva fare l’americano…), sembra più che altro porre l’accento sul fatto che era proprio bello avere vent’anni e farne spensieratamente di tutti i colori. Grazie, ma lo sapevamo già.

Standard
33 tff

“Bambini nel tempo”

bambini-techedi Gabriele Ottaviani

Prosecuzione ideale di Registro di classe di Amelio, con cui condivide alcune sequenze ricavate dalle preziose teche degli archivi della Rai, e del film di Veltroni I bambini sanno, Bambini nel tempo, nato da un’idea di Maria Pia Ammirati e diretto da Roberto Faenza e Filippo Macelloni, è un documentario fresco, interessante, lieve ma profondo, compiuto e variegato, che racconta, come recita il sottotitolo, l’Italia, l’infanzia e la tv. Ovvero come è cambiato il nostro paese, come si sono modificate le nostre abitudini, com’erano la scuola e la vita di una volta. E quindi in un attimo si riesce a fare un confronto immediato col nostro presente, che non conosce più né Carosello né i cappotti rivoltati, ma forse nemmeno una certa umanità. Avvolto dal caldo e soffice scialle della nostalgia, è un film sincero, tenero e divertente, che per l’ennesima volta dimostra quanta maturità ci sia nelle parole dei più piccoli, e quanto gli adulti, presi in fondo non si sa poi da che cosa, col passar del tempo, se ne dimentichino.

Standard
33 tff

“Morituri”

morituri

di Gabriele Ottaviani

San Pietro in Vincoli a Roma è una chiesa nota per le opere che conserva e per la sua prossimità con una prestigiosa sede universitaria. A Torino, lo stesso nome rimanda subito alla mente un camposanto. Dove si incontrano tre donne, ognuna con la sua personalità. Inquadratura fissa e dichiarato impianto teatrale per il sempre bravo Daniele Segre: Morituri però sicuramente funziona di più in palcoscenico.

Standard
33 tff

“The waiting room”

photo_2192-mddi Gabriele Ottaviani

In Canada da vent’anni, lasciata la Bosnia martoriata dalla guerra – e ancora oggi il paese ne porta i segni, nei quartieri in continua ricostruzione, nei campanilismi ossessivi, nell’integrazione difficile, nelle strade abbandonate, nella burocrazia bizantina, nella moltiplicazione delle cariche, nella triplice ossessiva ripetizione di qualsiasi iscrizione, fosse anche il messaggio Il fumo uccide sui pacchetti di sigarette, in serbo (che almeno ha l’alfabeto cirillico), bosniaco e croato (che invece sono identici in tutto e per tutto), nel significato doloroso che hanno le parole etnia e religione, e in tanti altri aspetti -, un attore abbastanza fallito è alle prese con il futuro, i rimpianti e la vita. Eterna appare la sua attesa, trascorre il tempo, allegoricamente, ma talvolta anche per davvero, perennemente in The waiting room. Troppo lento e lungo ma interessante, indaga attraverso vari piani di lettura ed espedienti narrativi ben congegnati i meccanismi che regolano l’inevitabile bilancio che prima o poi tocca a tutti compilare, tra quel che si voleva e quel che si è stati in grado di fare.

Standard