Cinema

“I tre moschettieri – D’Artagnan”

di Gabriele Ottaviani

Nell’anno del Signore milleseicentoventisette la Francia dell’Ancien Régime è di nuovo sull’orlo di una guerra fra cattolici e protestanti, il savio re Luigi XIII, senza eredi, non ha la bieca e insaziabile fame di potere del suo più potente e infido ministro, il cardinale Richelieu, il cui vero braccio armato non sono tanto i manipoli di soldati che gli hanno giurato fedeltà quanto una spietata, spregiudicata e perversa dark lady, la regina è una donna fragile, alquanto sola e piuttosto ricattabile e un giovane, baldo e ardimentoso guascone galoppa sino a Parigi sperando di cuore di poter servire con tutto sé stesso la Corona insieme ad altri uomini, valorosi, dolenti, gaudenti e complicati: la storia è nota, è il libro d’avventura per antonomasia, il monumentale classico dei classici, o quasi, che non finisce mai di dire infatti quello che ha da dire e che si presta a ogni rilettura (per Gallucci, tratto dal capolavoro di Dumas, sono in uscita il romanzo di questo film, che non è che la prima parte di un dittico che introdurrà pure un nuovo personaggio, e finanche il manga), tanto che, grazie soprattutto alla gran prova di professionismo di un cast stellare (Louis Garrel, François Civil, Vincent Cassel, Pio Marmaï, Romain Duris, Eva Green, Vicky Krieps, Lyna Khoudri, deliziosa, Jacob Fortune-Lloyd, Eric Ruf, Ivan Franek e tanti altri), la pellicola – una coproduzione non solo francese, ma internazionale, in sala in Italia per Notorious e Medusa dal sei di aprile – di Martin Bourboulon è un esaltante piacere, da non perdere per chi ama il cinema. I tre moschettieri – D’Artagnan: da vedere. 

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