di Gabriele Ottaviani
Sangue di Giuda, Graziano Gala, Minimum fax. Tutto d’improvviso scompare, e l’inspiegabile ha la voce roca e l’idioma ineffabile, un misto di zampilli dalle sonorità meridionali e dalla grammatica creativa, di Giuda, un vecchio che abita nel mezzo del nulla, solo con un televisore, almeno finché, proprio mentre Pippo Baudo lo occupa per tutto lo spazio, non si dissolve, con Ammonio, un gatto incontinente come l’immaginazione del suo padrone, ammesso che i gatti abbiano padroni, e con il fantasma del padre violento che sin dal nome gli ha segnato la vita e la condiziona ancora da morto: Giuda racconta dall’inizio la sua storia a un commissario che lo ascolta con attenzione, celebrando una nekyia simbolica, salvifica e liberatoria che penetra con ironia agrodolce la fragilità della condizione umana. Magistrale e commovente.