di Gabriele Ottaviani
I Pulitzer non si vincono a caso, e Anthony Doerr lo sa benissimo: la sua nuova prova narrativa, edita in Italia da Rizzoli nell’ottima traduzione di Isabella Zani e Daniele A. Gewurz, La città fra le nuvole, con la consueta straripante immaginazione dalla vividezza filmica che non a caso ha catturato l’attenzione di quei geniacci di Netflix, è avvolgente, avvincente e trascinante, semplicemente ottima, scritta in stato di grazia e congegnata con l’ebbrezza vivificante dell’intelligenza, attraverso lo spazio e il tempo con mirabile leggiadria. Quando Anna nella Costantinopoli del millequattrocentocinquantatré, l’anno fatale per l’impero romano d’oriente, che non sa resistere al vigore ottomano, legge dodicenne alla sorella malata del mito di Etone, umile pastore che sognava di diventare uccello per raggiungere una dimora paradisiaca in cielo, non può sapere che quello stesso racconto sarà il tema della rappresentazione, in una biblioteca dell’Idaho, che un uomo in preda ai suoi demoni metterà in scena per tentare di trovare pace, né tantomeno che in un futuro ancora più lontano un altro indimenticabile personaggio tributerà l’ennesimo imperdibile atto d’amore nei confronti della parola e della bellezza. E così… Maestoso.