di Gabriele Ottaviani
Finì di parlare e ricominciò a fumare, una sigaretta appresso all’altra senza che le bastassero mai. Lo sguardo le si era fatto assente e pensai che, seppure non avesse ancora finito di dire tutto quello che avrebbe voluto, non avrebbe detto altro. Ebbi l’impressione che non mi vedesse neanche più, che non vedesse più niente di tutto quel che aveva intorno: quel mondo storto pieno di diavoli e di ombre che si portava dentro da tanto tempo. Così non mi sorpresi quando, dopo averla salutata, la vidi rimanere silenziosa, con le orecchie rivolte al suono dei ricordi che il cervello le suggeriva in quel momento.
La mafia nello zaino – Il bimbo, il nano e l’assassino, Alessandro Cortese, Il ramo e la foglia. Estate, Sicilia, afa: un bimbo, un picciriddu, narra in prima persona, tra immaginazione e tragica realtà, col filtro della sua innocenza destinata a svanire come un miraggio dinnanzi agli occhi a contatto con l’orrore strisciante del crimine, il ritratto di un tempo, di una terra, un mondo e una mentalità che, radicati fin sotto la pelle delle persone, attori di una tragicommedia solenne fatta di maschere complesse e contraddittorie, sintetizzano pienamente la cognizione del dolore, della fragilità della natura umana, della flebile condizione della speranza, che si nutre di amore, desiderio di salvezza, domande sul senso della vita e della giustizia. Intenso.