di Gabriele Ottaviani
Intanto la tv trasmette immagini di città vuote. Orfane della brulicante umanità che le ha colmate fino a ieri. Piazze, edifici, strade, chiese appaiono come uno scenario archeologico rimasto in piedi a testimoniare di una civiltà e di un’era passate in un semestre come fosse un millennio. Telecamere sadiche inquadrano malati avvolti in indumenti ospedalieri agganciati alle pompe dei respiratori artificiali, drappelli di medici ed infermieri li sollevano di peso, sistemano i corpi in posizione prona per favorire l’interazione fra polmoni e macchine. Lui se ne va in cucina, monda un frutto, Gina lo raggiunge, ha finito di sbucciare una pesca e le offre dei pezzetti che ha messo in una coppetta bianca di ceramica. «A che pensi?» gli fa Gina.
Musica degli amanti, Carlo Pellegrino, Manni. Lei è un’attrice, lui un musicista: la pandemia li ha chiusi in casa, costretti a riflettere, ingrommati come vecchie botti da una paura sottile e asfissiante, l’incognita dell’incertezza, e dalle finestre osservano come forse non hanno mai fatto prima quel mondo distante, fragile, precluso, caotico. Pellegrino tratteggia una vivida commedia umana che induce alla riflessione sulle priorità del quotidiano. Da leggere.