di Gabriele Ottaviani
Saranno i figli della strada, dei ragazzi rapati e tatuati che parlano una lingua italiana a me straniera…
La solitudine di Matteo, Giovanni Robertini, Baldini e Castoldi. Tutti lo chiamano Teo, ma il suo nome è Matteo. Sì, come il politico che si mostra ovunque e a ogni piè sospinto, parlando dappertutto di ogni cosa con l’aria di saperne lunga, ma in realtà è ovviamente solo e soltanto propaganda. E infatti Teo, che vive giornate tutte uguali, ha ormai più di quarant’anni, abita in un monolocale di design a Milano, campa di sigarette e ansiolitici e ha appena chiuso la lunga parentesi di una relazione che sin dai tempi della più verde giovinezza ne ha condizionato l’esistenza, vede nel più celebre omonimo una sorta di alter ego, e ripercorrendo le tappe fondamentali della sua storia personale, frammista per forza di cose con quella del paese, cerca il suo posto nel mondo: intenso.