di Gabriele Ottaviani
Stai trovando delle scuse, Eva. Sei ebrea…
Il libro dei nomi perduti, Kristin Harmel, Sperling & Kupfer, traduzione di Chiara Brovelli. Nel duemilacinque, in Florida, una bibliotecaria vicina alla pensione, Eva Traube Abrams, una mattina, sfogliando il giornale, trasecola, sbigottisce e ha quasi un mancamento alla vista sorprendente dinnanzi ai suoi occhi di una foto. Quella di un libro. Un volume molto speciale. Un testo del diciottesimo secolo, uno dei tanti che i nazisti, cha fra i loro aberranti crimini non si facevano scrupolo di annoverare anche la razzia, hanno trafugato. Un testo che contiene un codice che sta facendo impazzire esperti e ricercatori che non riescono a decifrarlo. Un testo che Eva conosce. E che la riporta indietro nel tempo, in un tempo di dolore, paura e soffocante pena. A Parigi, nel millenovecentoquarantadue. Quando, costretta ad abbandonare la città dopo l’arresto del padre, ebreo polacco, e rifugiatasi in una cittadina di confine, inizia a falsificare documenti per i bambini ebrei che fuggono nella Svizzera neutrale, annotando in un libro in forma criptata i veri nomi dei ragazzini che, essendo troppo piccoli per ricordare, rischiano di dimenticare la propria identità. Così… La storia è vera, e il romanzo è formidabile.