di Gabriele Ottaviani
Seduti sull’erba, ci arrivava il verso dei polli del vicino e dei piccioni nella piccionaia. Non c’erano nubi. A occidente il sole d’agosto stava calando molto lentamente e la luce era diffusa e ampia – quasi fosse riflessa dall’intero Atlantico. Lei stava prendendo alcuni disegni da una cartella che aveva portato al piano di sotto. La casa aveva quattro stanze, incluso il bagno. I disegni erano avvolti nella carta velina come abiti ripiegati. Metodicamente, a uno a uno, li ha tolti dal loro involucro e li ha posati sull’erba. Pago dodicimila pesetas al mese per la casa, aveva detto. Ci sono disegni che sono studi preparatori e altri che sono abbozzi di capolavori a venire. Esistono infiniti tipi di disegno. Quelli posati adesso sull’erba erano scritti come lettere. La più straordinaria raccolta di disegni di questo tipo – disegni scritti come lettere – la si può trovare al Kunstmuseum di Berna e fu realizzata da Paul Klee negli anni tra il 1927 e il 1940. (Gli anni della mia infanzia; la prima volta che vidi la riproduzione di un quadro di Klee fu nel 1940, l’anno della sua morte.) Questi disegni a matita di Klee parlano, fra le altre cose, dell’ascesa del fascismo, dei suoi amori, della sua salute e della sua morte annunciata.
Fotocopie, John Berger, Il saggiatore. Edizione italiana e traduzione a cura di Maria Nadotti. Ogni vita influenza inevitabilmente tutte quelle in cui, anche per un solo fugace istante, si imbatte, casualmente come un urto: è per questo che ogni esistenza è unica, irripetibile, necessaria, irrinunciabile, fondamentale, incomparabile, speciale, sia che il serto d’alloro della gloria imperitura, della fama e della celebrità abbia, fosse anche brevemente, cinto la nostra testa sia che si resti vivi solo nei ricordi di qualcuno, un rumore di fondo, una pagina sbiadita, un pensiero neghittoso, una foto un po’ gialla, ma che un tempo ha brillato di tinte vivide come le immagini di questi incontri, tessere di un mosaico esistenziale ammaliante e tenerissimo, intimo e bello, che Berger racconta definendo, in giro per il tempo e per lo spazio, la condizione umana nella sua essenza, la vita, nella sua irrefrenabile persistenza, come quella del profumo di chi manca, ma ci ha lasciato i suoi abiti e i suoi valori.