di Gabriele Ottaviani
Non avere strade per le quali camminare, ora che ho così tanto lavoro da fare, continua a pesarmi tremendamente. Si tratta di un piccolo fenomeno mentale. Se ce ne fossero, qui nei dintorni, credo che non me ne andrei in giro di giorno; ma è quando scende la sera che mi viene una voglia matta. Mi sembra che solo disperdendoli in mezzo alla folla io riesca a liberarmi dei miei spettri…
Quante storie ho da raccontarti, Charles Dickens, L’Orma. A cura di Massimiliano Borelli. Senza di lui certamente la letteratura, la storia, la cultura, l’immaginario collettivo e la coscienza civile sarebbero stati più poveri, perché la sua voce ha dato voce a chi spesso non l’aveva, a chi era soffocato dal sopruso della prepotenza: e se è vero com’è vero che l’essenza dell’empatia sta nel comprendere quello che gli altri provano senza bisogno che lo esprimano verbalmente, non c’è dubbio che Dickens ha saputo scavare un solco profondissimo, edificando le fondamenta della consapevolezza dell’innata necessità di comunicare, narrare, condividere, donando piena legittimità anche a ciò da cui veniva tolto lo sguardo, a ciò che era tradizionalmente rifiutato, respinto, sminuito. Questo è evidente nelle sue opere, ancor più, forse, nelle sue missive, che mostrano la finissima sensibilità di un uomo come tutti fragile e imperfetto e di un artista impareggiabile. Da leggere, rileggere, far leggere.