di Gabriele Ottaviani
Gagarine. Passato dalla festa del cinema di Roma. Di Fanny Liatard e Jérémy Trouilh, con Alséni Bathily, Lyna Khoudri, Jamil McCraven Finnegan Oldfield, Farida Rahouadj, Denis Lavant e tanti altri, prossimamente in sala anche per il grande pubblico e non solo per gli addetti ai lavori (in qualche caso ai livori…), se gli eventi, come tutti auspichiamo, lo permetteranno, distribuito da Officine UBU, il film è il racconto intenso, avvincente, coinvolgente, potente, lirico, emozionante, ben scritto, ben diretto, ben recitato, ricco di livelli di lettura e chiavi d’interpretazione dal punto di vista economico, sociale, culturale, morale, politico e non solo, di Youri, un ragazzo di sedici anni che da sempre abita in Gagarine Cité, un vasto progetto di alloggi popolari in mattoni rossi situato nella periferia di Parigi che per lui sin dal nome è il trampolino di lancio per il sogno di diventare astronauta. Nel momento in cui però si diffonde la notizia che il complesso immobiliare sta per essere abbattuto, con gli amici dà il via alla resistenza del suo mondo, la sua astronave, contro un universo che non li accetta né li apprezza, e che vorrebbe che si dissolvessero e disperdessero nelle remote profondità dello spazio. Il film è stato girato, in collaborazione con i suoi residenti, poco prima e durante la demolizione, avvenuta nell’estate dell’anno scorso, del progetto abitativo Cité Gagarine, un complesso di mattoni rossi inaugurato dal cosmonauta sovietico cui era intitolato e fatto da trecentosettanta appartamenti, un’utopia collettiva architettonica (mutatis mutandis, sul genere Corviale) risalente a circa sessant’anni fa in quel di Ivry-sur-Seine, una delle località comuniste della cosiddetta “cintura rossa” che avvolge la capitale francese. Da vedere.