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“La dinastia dei dolori”

dinastia doloridi Gabriele Ottaviani

Cercai allora, immersa nell’ansia, di tornare allo sguardo di mio padre, al suo braccio intorno alle spalle quando quello stesso pomeriggio mi aveva accompagnata a fare merenda nel bar di fronte all’ufficio. Era bastato quel gesto ad allontanare il disgusto, la mia personale pellicola dell’orrore. «Sei pallida», aveva detto. «Ma a volte basta una cosa piccola e buona per sentirsi meglio», e mi aveva indicato una pasta al cioccolato. «Hai saputo che la nonna Emma sta male?», mormorò. «No, non lo sapevo. È grave?». «Abbastanza», rispose mio padre. «Morirà?». «Forse sì». A me però sembrava più grave quello che era accaduto a me. «Posso avere un’altra pasta?». Papà sorrise e ne ordinò una anche per sé. Pensando a questo, la prima notte in cui non ero più vergine, finalmente mi addormentai.

La dinastia dei dolori, Margherita Loy, Atlantide. Non è detto che la memoria sia sempre assolutamente veridica: talvolta infatti può essere influenzata da numerosi fattori. Le conseguenze di un trauma, per esempio, possono ripercuotersi su più persone e attraversare il tempo e le generazioni, lasciando segni meno evidenti di quanto si potrebbe supporre o pensare, e dunque ancora più imperscrutabili: a partire dagli anni Venti del Novecento, in epoca fascista, fino ai giorni nostri, Margherita Loy, capitolina di nascita ma toscana d’adozione, autrice di racconti e libri d’arte per bambini, moglie e madre, conduttrice e traduttrice, dottoressa in lettere moderne e addottoratasi in letterature comparate, con accenti originalissimi ma al tempo stesso classici, che ricordano la grande narrativa di autrici come Fausta Cialente, Laudomia Bonanni, Elda Bossi e Anna Banti, nonché con eleganza misurata e sopraffina, racconta le articolate, complesse, mai retoriche o banali vicende, intime e particolari, ma al tempo spesso universali, private ma ben amalgamate nel contesto della storia con l’iniziale maiuscola, delle sue protagoniste, donne a tutto tondo, profonde, dalla personalità ampia, vasta e varia, alle prese con scelte difficili, dalle conseguenze spesso dolorose, come sono di norma quelle dettate da inderogabili necessità, dai compromessi e dalla sopravvivenza. Nella Roma su cui da un paio d’anni Mussolini ha fatto sì che i suoi sodali vestiti di nero marciassero, impadronendosi del potere ed estirpando lo stato liberale, preparando la strada alla carneficina della seconda guerra mondiale, Emma cede per terribile e niente affatto giustificata volontà d’espiazione di una colpa considerata tale più che altro, se non pressoché esclusivamente, dalla mentalità proterva, ristretta e malata del contesto sociale, a un matrimonio di convenienza la cui facciata d’abbacinante nitore cela in realtà un mondo di squallore, ipocrisia e sopruso. Un complesso d’inferiorità che avvelena l’aria, da cui Emma non sa emanciparsi, che fa sì che anche i suoi figli la osservino con malcelato disgusto. Solo un’altra figura femminile saprà rivolgerle uno sguardo delicato, materno, sensibile, empatico: ma anche per Maria, e poi per Rita, verrà il tempo del dissidio interiore, e della presa di coscienza… Meraviglioso sin dalla copertina, è un’occasione da cogliere al volo.

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