di Gabriele Ottaviani
Se la comicità della goffaggine è ottenibile accostando ciò che non sarebbe accostabile, giustapponendo elementi eterogenei, invece l’immagine unitaria del personaggio, tanto più se è tragica, implica che elementi che, da un certo punto di vista, risultano differenti e in contrasto, si presentino, da un altro punto di vista inaspettato, la cui scoperta costituisce anche l’essenza della rivelazione artistica – la loro unità. Mukařovský evidenzia il modo di procedere di Chaplin per evitare che lo spettatore perda il senso dell’unità dell’immagine. In Luci della città troviamo accanto al protagonista due personaggi che, per così dire, in un certo senso “traggono” da un unico, vero Charlot i suoi due aspetti contrastanti: una fioraia cieca e un milionario ubriaco. Ciascuno di loro immagina Charlot secondo le proprie proiezioni. La fioraia lo crede un principe delle fiabe, il principe azzurro, e “vede” solo lo Charlot “gran signore”; e non lo riconosce più una volta riacquistata la vista. Il milionario ubriaco e stanco cerca l’amicizia di un “uomo semplice”, di un vagabondo, ma, tornato sobrio, non riconosce più Charlot, proprio come la fioraia.
Semiotica del cinema e lineamenti di cine-estetica, Jurij M. Lotman, Mimesis, presentazione, traduzione e cura di Luciano Ponzio. Abbandonare il cronotopo quotidiano per immergersi nel cronotopo letterario, ossia lasciare da parte lo spazio-tempo normale, il sistema cartesiano di assi di riferimento del comune fluire dei nostri giorni per immergersi in una dimensione altra, fatta della medesima sostanza della quale sono fatti i sogni, che dà vita a un mondo altro, fatto di migliaia di universi. Polifonia, e derivati, è il termine chiave di questo testo, in cui risuonano armoniose corrispondenze che regalano una profonda conoscenza. Monumentale.