di Gabriele Ottaviani
Aspetterò, ha detto mia sorella, di essere atterrata, perché se suono il violino non posso godermi totalmente l’aereo. I piloti di linea, come tutti i piloti, sono degli svitati, ha detto mia sorella, gli si è fuso qualcosa nel cervello, altrimenti non potrebbero essere piloti di linea, non si diventa pilota di linea per caso, bisogna essere completamente svitati di partenza per voler diventare piloti, sia pure di linea. A pensarci, bisogna essere davvero fuori pista per fare questo mestiere, e mia sorella si è messa a pensare a cosa volesse dire essere pilota di linea, è sprofondata nella poesia di questo pensiero tecnico. Era un sollievo che avesse rinunciato a tirar fuori il violino, non ero nella disposizione giusta per lo scherzo musicale, prendevo la musica sul serio con Theodor W. Adorno su una gamba e Thomas Mann che dall’altra gli rispondeva, con quei due sulle mie gambe molli e in più il pianista che continuava a farmi mugghiare in silenzio, no, davvero, non ero disposta a sentire mia sorella suonare sull’aereo. Non si creda che nutrissi qualche timore nei confronti di mia sorella, non ho mai avuto nessuna difficoltà ad accettare né i suoi comportamenti in generale né i suoi comportamenti violinistici in particolare, ho subìto la stessa educazione di mia sorella e posso osservarne in mia sorella gli stessi terribili risultati, ho acquisito una certa indulgenza nei confronti di quell’educazione, quantomeno dei suoi effetti su mia sorella, mentre non ho la benché minima indulgenza per quegli stessi risultati su di me. Perdono tutto a mia sorella e niente a me, non solo perdono senza limiti ma apprezzo più di tutto in mia sorella quel che detesto in me sopra ogni altra cosa, non ho riserve su mia sorella ma sono sempre delusa da me stessa.
L’autoritratto in blu, Noémi Lefebvre, Safarà, traduzione di Susanna Spero. Sua sorella è un fiume in piena, inarrestabile: lei, invece, ha tutt’altra indole. Quando le si siede accanto, sull’aereo che da Berlino la riporterà a casa, a Parigi, i pensieri viaggiano alla velocità della luce, la conducono a riflettere sull’incontro che le ha sconvolto, stravolto e rovesciato l’esistenza, quello con un pianista metà americano e metà tedesco, non privo di ossessioni. Del resto anche lei non sembra essere capace di svincolarsi dal turbinio di emozioni che le avvince e soffoca: al tempo stesso però il suo meditare incessante riflette le perturbazioni dell’immaginario collettivo, in una narrazione caleidoscopica in cui nulla avviene per caso. Eccellente.