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“Odissea americana”

71j-j9EyULL._AC_UY218_ML3_.jpgdi Gabriele Ottaviani

«L’hai mai sentito ’sto bianco sciroccato?» chiede Monk con una smorfia e Jax fa di sì. «Signor Smith» trilla la voce di Pyne, «vuole dirmi che se i suoi amici negri bruciano e saccheggiano negozi è colpa mia?» «Diavolo se è così, è colpa sua, e di tutti gli altri bianchi al potere che ci opprimono!» «Lei è proprio come gli islamici e gli altri militanti nazionalisti negri. Dove sono finiti i leader negri come si deve, tipo Martin Luther King? Perché non dice alla sua gente di integrarsi pacificamente?» «King e Dick Gregory e tutti gli altri così sono solo degli zii Tom. Integrazione è una parola da bianchi per tenerci sotto. C’è voluta la Guerra civile per abolire la schiavitù, l’uomo bianco la pace non la capisce…» «Lei, signore, è solo un delinquente negro» squilla la voce di Joe Pyne nel ronzio della radio. «La sua organizzazione, assieme ai musulmani e a quei bianchi fricchettoni, siete tutti zecche liberali che si fanno in quattro per sconvolgere gli Stati Uniti con la violenza!» «Potresti partecipare allo show anche tu, eh Jax!» urla Sofia. «Voi bianchi vi cacate sotto coi neri a meno che non siano sottomessi» freme la voce di Smith dalla radio. «L’uomo nero fa meglio ogni cosa, pure gli sbagli! È più forte, fa più figli, si sbronza di più, fa a botte come si deve, vive di corsa, e scopa meglio!» Tutti ridono. Gli occhi di Sofia nello specchietto retrovisore si spalancano fingendo, divertita, sgomento. «Ma come si permette!» urla Pyne, poi dall’emittente sfrigola la voce di un’annunciatrice: «La KABC tornerà dopo il segnale orario.» Jax spegne la radio. «Stanno sbroccando tutti» sorride «forse questa è l’ultima estate prima della grande apocalisse.» «Tutte queste stazioni radio con tutti questi nuovi talk show, pieni di bianchi incazzati» dice Monk. «Che poi per che cazzo si arrabbiano? E le persone in macchina, che se ne stanno lì a guidare, tutte sole, lungo queste strade e autostrade sorbettandosi ’sti imbecilli… poi certo che stanno tutti incazzati, schizzati, spaventati del prossimo.» «Ci riempiono da tutte le parti con la loro propaganda.» Sofia agita la mano mentre parla. «Occhi, orecchie, ce le inietterebbero perfino nel cervello le loro balle se trovassero il modo, ma adesso ci riprendiamo tutto, una strada alla volta.»

Odissea americana, A. G. Lombardo (insegnante di liceo a LA), Il saggiatore, traduzione di Matteo Orsini. Nell’anno del Signore millenovecentosessantacinque, durante il mese d’agosto, che è già di per sé torrido per antonomasia nell’emisfero boreale ma lo è ancor di più, con ogni evidenza, in California, e a Los Angeles, sul cui clima inevitabilmente incide anche il fatto d’essere una metropoli tentacolare e gravida di folla, Monk, dalla pelle nera, vero e proprio Ulisse dell’era contemporanea, sia in senso omerico che, con ogni evidenza, ancor di più nell’accezione joyciana, vaga per la città in cerca di qualcosa da raccontare, immortalare, rendere unico e che gli dia il senso dell’esclusività, finché i moti di Watts, che mettono letteralmente a ferro e fuoco per giorni i quartieri più popolari di una città violenta e repressa, non gli impediscono di rientrare laddove vive assieme a Karmann, assediata e insidiata da un manipolo di novelli proci che hanno l’aspetto di falsi amici, perdigiorno, cicisbei, mangiapane a sbafo, e non lo costringono ad affrontare incontri davvero poco raccomandabili… Un esordio semplicemente formidabile, solenne ed epico.

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