di Gabriele Ottaviani
Quando udì i due brevi squilli del campanello, si precipitò ad aprire la porta rischiando di inciampare su Tabitha, il cui gioco preferito era quello di stendersi a terra davanti ai suoi piedi, specialmente quando scendeva le scale o portava fuori dei pesantissimi sacchi dell’immondizia. Nancy spalancò l’uscio aspettandosi di vedere Marcie e invece sulla soglia trovò Alfie, con la testolina di un gattino nero che sbucava fuori dal cappuccio sollevato. Doveva essere arrivato dal giardino, scavalcando lo steccato crollato. Spostava il peso da un piede all’altro, guardandosi intorno con circospezione. Le due gazze abbarbicate in cima a un palo del telefono, quasi avessero avvertito la sua agitazione, gracchiarono sonoramente. Il micio scomparve all’interno della giacca di Alfie.
Gli adorabili gatti di Nancy Jones, Amy Bratley, Newton Compton, traduzione di Arianna Pelagalli. Nancy ha una casa in riva al mare, un po’ male in arnese ma senza dubbio un porto sicuro, un rifugio dove si è trincerata: ha un cuore ferito, ricordi dolorosi, non si fida, ed è difficile darle torto, visto come di solito il prossimo tratta le persone più fragili. Ha eretto un muro attorno a sé, riescono ad attraversarlo solo i bambini, i più fragili, i più bisognosi, i più in difficoltà, che aiuta col suo lavoro a scuola, e i suoi amatissimi gatti (del resto chi non li adora? Si pensi solo a che strumento di marketing sono sui social…). È talmente brava con i felini che una vicina si rivolge a lei per occuparsi momentaneamente del suo: Nancy è gentile e accetta, ma nel momento in cui gli occhi le cadono su una fotografia ecco che tutte quelle certezze costruite nel tempo si mostrano per quello che sono, simulacri pallidi, palliativi fragili: che sia giunta finalmente l’ora di rimettersi in gioco? Graziosissimo.