di Gabriele Ottaviani
È come te. Un gatto. Guai a spostarvi dal vostro angolino. Mettete le ragnatele dove state. Spero proprio che mia figlia almeno in quello assomigli a me.
Mai dire mai più, Elena Vestri, Giunti. La collana Terzo tempo, a cura di Lidia Ravera, intellettuale finissima che non ha bisogno di presentazioni, focalizza, prendendo le mosse da un’espressione tipica del rugby che fa riferimento a un momento festoso, a una simbolica celebrazione della partita appena conclusa, la sua specifica attenzione su un’ampia fetta della popolazione, quella che ha già compiuto i cinquanta (più Iva, verrebbe da dire…) ma mai e poi mai – ci mancherebbe altro! – dev’essere considerata doma o sul viale del tramonto, priva di cose da dare: e i ritratti vividissimi di questi volumi lo confermano. Nella fattispecie Elena Vestri narra la storia di Arianna, qualche primavera più che sessanta, merciaia con figlia a carico, e di Federica, amica carissima dalla quale non potrebbe essere più diversa. Tanto la prima è infatti la quintessenza della verecondia, la seconda è a dir poco spumeggiante: non a caso si fidanza con un trentenne. Che ha un padre di raro fascino… Delizioso e divertentissimo, lieve ma mai superficiale.