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“H – Memorie di Eracle”

Cover.Fontana. Memorie di Eracle.jpgdi Gabriele Ottaviani

La passione scoccata tra Eracle e Abdero è stata tramandata da Apollodoro (2.5.8) che definisce il ragazzo come un eromenos dell’eroe. Come chiarisce Platone, in vari passi del Simposio, gli eromenoi erano ragazzi che intrattenevano rapporti omosessuali con uomini adulti; «L’amante (erastes) appare come maestro dell’amato (eromenos), garante delle qualità morali e delle cognizioni che l’amato deve acquisire stando con lui. L’amore di un adulto per un fanciullo è fondato sulla trasmissione del sapere e della virtù e in questo quadro, la relazione amorosa è vissuta come uno scambio: la potenza dell’eros che emana dall’amato colpisce l’amante che ne è stimolato, per sublimazione, sul piano morale. Ricevendo dall’amato l’impulso amoroso, l’amante realizza il proprio amore trasmettendo le qualità di cui è portatore. La relazione omosessuale, in tal modo, viene a coincidere con la relazione pedagogica» (L’amore in Grecia, a cura di C. Calame, Laterza 1988, p. XIV). Le fonti non rivelano i nomi degli altri volontari che, oltre ad Abdero, accompagnarono Eracle in Tracia, e anche il giovane nostromo Tero è documentato soltanto nei racconti del nostro Eracle. Diodoro Siculo (Biblioteca storica, 4.15) riferisce che le giumente fossero legate alla mangiatoia di bronzo da catene in ferro e si può certo trattare di un anacronismo. Al tempo di Eracle il ferro non si era ancora diffuso nella Grecia propria. Anche Omero, descrivendo i successivi fatti relativi alla guerra di Troia, evita con cura di parlare di questo metallo per non cadere in un falso storico. Ma, dopo la metà del secondo millennio, il ferro era certamente lavorato dagli Ittiti e le catene delle cavalle potevano effettivamente essere una esotica novità; così come appaiono al nostro Eracle che si imbatte per la prima volta nel nuovo materiale. Mentre la maggior parte degli scrittori antichi parlano di giumente, o comunque di cavalle femmine, Igino (Favole, 30) menziona quattro cavalli maschi di cui ha anche tramandato i nomi: Lampone, Podargo, Xanto e Dino, e asserisce che gli animali furono uccisi da Eracle con l’aiuto di Abdero. Molte fonti, a partire da Apollodoro (2.5.8), riferiscono che lo stesso Eracle sia stato il fondatore della città di Abdera, ma forse ciò è poco plausibile: le circostanze non potevano permettere l’agio e il tempo per una vera fondazione urbana.

H – Memorie di Eracle, Sergio Fontana, Edizioni Edipuglia. La collana Le vie maestre diretta da Giuliano Volpe che ne è anche nel comitato scientifico con Andrea Augenti, Cinzia Dal Maso, Eva Degl’Innocenti, Patrizia Dragoni, Enrico Giannichedda, Paolo Giulierini, Daniele Manacorda, Marco Milanese, Massimo Montella, Mariarita Sgarlata, Marco Valenti ed Enrico Zanini dà alle stampe un volume denso, dotto, intenso, avvincente, appassionante, completo, compiuto, esauriente, interessante, intrigante, che tratteggia senza lesinare alcun dettaglio la figura del mito fra i miti per antonomasia, quell’Eracle che ha compiuto dodici memorabili fatiche, che ha amato ed è stato riamato, ha vinto e ha perso, è stato avvolto nelle spire mortali d’una tunica imbevuta di sangue avvelenato dopo esser sfuggito a mille tiri mancini della ria sorte, ha avuto per i romani il nome di Ercole ed è assurto al ruolo di simbolo in maniera tanto evocativa da essere divenuto finanche il protagonista di un cartone animato. Da non lasciarsi sfuggire per nessuna ragione.

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