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“La pace degli alveari”

9788899699314_0_0_626_75.jpgdi Gabriele Ottaviani

Rinunciare all’amore…

La mattina fa la casalinga, impiego usurante e per nulla riconosciuto, simile a quello del contadino ma senza nemmeno la gratificazione del raccolto, il pomeriggio è dattilografa, ma comunque le danno più soddisfazione i lavori di casa, che anche se vani, perché non si finisce mai, sono più veri e concreti, delle finestre ben pulite da cui si illumina come si deve tutta la stanza, almeno fino al momento della prima pioggia che sciupa e cancella l’intera fatica compiuta, le trasmettono certo più emozioni di un foglio senza nemmeno un errore di battitura. Del resto comunque scrive, ma per sé, e solo quando non c’è il marito, diverso e simile da quello delle amiche, alcune felici, altre no, almeno in apparenza, Philippe, un uomo che non la prende affatto sul serio e di continuo la sminuisce, tanto che per la vergogna immotivata che le induce una volta lei getta il quadernetto a cui confida le pene della sua anima per quattro mesi sul fondo del cassetto della biancheria senza avere il coraggio più di tirarlo fuori, un uomo che lei crede, e ha l’inaccettabile impudicizia, per il suo tempo, di dirlo, di non amare più (è con queste parole inequivocabili che inizia il romanzo), un uomo che l’ha tradita (ma anche lei l’ha fatto, benché nessuno se l’aspetti, più volte, la prima, cercando una modesta compensazione al torto subito, con Stephane). La pace degli alveari, luoghi d’incessante operosità e di ronzii ignorati, pubblicato per la prima volta nel millenovecentoquarantasette, poi nel millenovecentosettanta, ora edito da Paginauno a cura di Sabrina Campolongo, è la storia di Joanne, un gioiello deflagrante e travolgente che preconizza i tempi e le istanze dell’autodeterminazione del femminile composto da un’autrice elvetica splendida, Alice Rivaz, che ha attraversato, avendo vissuto tra il millenovecentouno e il millenovecentonovantotto, pressoché tutto il secolo breve. Da non farsi sfuggire per nessuna ragione.

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