Intervista, Libri

“Bianca”: intervista a Francesca Pieri

41yjjxlzpl._ac_us218_.jpgdi Gabriele Ottaviani

Francesca Pieri è l’autrice di Bianca: Convenzionali la intervista per voi con grande piacere.

Chi sono Costanza e Silvia?

Costanza e Silvia sono due giovani donne che si trovano in un momento cruciale della vita, fanno i conti con le loro aspettative e i primi bilanci di un’esistenza adulta. La loro amicizia nasce casualmente ma è vero pure che da subito loro si scelgono e lo fanno sull’impressione reciproca di una comunanza di anime, guidate dall’istinto che spesso ci porta incontro a un altro essere umano, confermando questa scelta anche nel momento in cui il destino le mette tragicamente l’una di fronte all’altra. Costanza e Silvia scelgono di conoscersi mettendo l’una davanti agli occhi dell’altra anche quanto di irrisolto e doloroso le attraversa. Direi che l’amicizia è il tema di questo romanzo e sull’amicizia si innestano due storie di maternità. Costanza e Silvia sono prima di tutto due amiche, la loro storia comincia da lì. La circostanza della maternità sposta la loro amicizia da subito su un piano di condivisione profonda e diventa il nodo del loro legame.

Che cos’è l’amicizia? E che caratteristiche specifiche ha quella fra donne? Può superare qualunque ostacolo?

L’amicizia è per me nient’altro che una forma di innamoramento. Mi sono resa conto scrivendo Bianca, che la narrazione di questo legame attingeva a una riserva di parole e di sentimenti identici a quelli che avrei usato per la descrizione di una storia d’amore. Ma d’altro canto queste due donne si innamorano l’una dell’altra, si scelgono, decidono di fare un tratto di strada insieme e quella strada diventa il percorso più importante complicato impegnativo della loro esistenza. La sorellanza, la chiamerei così, ha certamente caratteristiche peculiari ma potrebbe essere diversamente?

Quanto al superamento di qualunque ostacolo, credo che la volontà faccia la differenza, ma questo in tutte le relazioni, la messa in gioco di se stessi, la tenuta sulle avversità, l’importanza che nella vita si vuol dare all’altro. Costanza e Silvia quando si trovano in difficoltà, provano a mettersi l’una nei panni dell’altra, non si nascondono la fatica di starsi accanto, ma non rinunciano mai al bene che hanno condiviso fino ad allora. Cercano di trovare un nuovo modo di vivere la loro amicizia, di plasmarla sul presente. E per fare questo, nel momento in cui nulla sembra tenerle più unite, provano a ritrovarsi sulla scia dei gesti collaudati, dei luoghi che le hanno ospitate, nelle parole che da subito hanno condiviso, schiudendosi piano piano in una nuova esistenza.

Davvero nella vita c’è sempre una scelta?

Non so rispondere a questa domanda. La storia di Costanza ripercorre in parte la mia storia. Alla luce dei tanti anni trascorsi dai tempi in cui io aspettavo una bambina di nome Bianca, non so dire cosa farei. Non sono più la stessa. Le scelte hanno questo di incredibile. Non ci si confronta con un dogma, ma sempre con una serie di circostanze che ci chiedono una risposta immediata, in un tempo circoscritto, semplicemente una risposta, che non ha la presunzione di essere universale, definitiva, unica. Costanza e Silvia ne sono la prova. Costanza sceglie di interrompere una gravidanza difficile, non sa fino in fondo a cosa va incontro, lo scoprirà giorno dopo giorno. Silvia non sceglie di avere una figlia malata, questa è l’incognita dinanzi alla quale la mette il destino. Ma nel momento in cui l’una si specchia nella vita dell’altra, si fa chiaro ai loro occhi che non sempre si può scegliere, che non sempre siamo titolari delle nostre scelte e che spesso la nostra è una risposta d’emergenza, una delle tante possibilità che ci offre la vita, o meglio sarebbe dire, una delle tante possibilità che la vita sceglie per noi. La libertà di muoverci in questa orbita di incertezze, è questa che dovremmo difendere più di ogni altra cosa.

Cercare di realizzare i propri desideri è sempre legittimo?

C’è una sorta di equivoco o forse è un retaggio antico, secondo il quale la realizzazione di un desiderio è ascrivibile a una forma di egoismo. È giusto mettere in campo il tema della legittimità? Parliamo per esempio del desiderio di maternità, parliamo di un desiderio talmente complesso che non mi sento di esprimere un giudizio nei confronti delle donne che fanno di tutto per avere un figlio come nei confronti di quelle che rinunciano a un figlio. Non concepisco invece il sacrificio come chiave dell’esistenza, questo lo so, credo che questo non vada mai richiesto a se stessi e all’altro.

Quanto possono influire nella vita e nell’amicizia l’invidia e il rancore?

L’invidia e il rancore influiscono sulle nostre vite, non solo sull’amicizia, sui rapporti in generale. Ma forse con un po’ di indulgenza per se stessi e il prossimo, dovremmo accettare l’ambivalenza dei nostri sentimenti, provando a riconoscerci la possibilità di essere anche il negativo di quello che vorremmo. Costanza e Silvia mi hanno insegnato questo.

Qual è il messaggio di Bianca?

Siamo tutti titolari di una storia e Bianca è una storia che io ho provato a raccontare. Forse volevo dare un nome a una bambina che non è nata, volevo riconoscere il dolore che queste donne hanno attraversato, volevo dire che non esiste una rinuncia che non comporti un dolore. Volevo provare semplicemente a raccontare questo dolore, a trasformarlo in vita, a ripulirlo dalle scorie, a liberarlo nel presente.

Perché scrive?

Perché la scrittura è uno strumento che abbiamo a disposizione per attingere a quella grande riserva di senso che sono le parole. Perché il romanzo è una forma di elaborazione che garantisce verità e al tempo stesso ci protegge dalla realtà, ci aiuta ad accoglierla.

Il libro del cuore, e perché.

Di libri ne ho tanti, tanti sono quelli presenti a questa mia esperienza di scrittura. Ne scelgo uno per tutti, La storia di Elsa Morante, struggente, tragico, innocente, vero.

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