di Gabriele Ottaviani
I sogni sono orribili, spiega il killer agli intervistatori. Sono molto realistici.
Con la copertina migliore di sempre sotto ogni punto di vista, un’opera d’arte e un atto politico formidabile, un muro di bandiere a stelle e strisce che divide l’utopia di a better life, per citare il film di Chris Weitz, la cui nonna era la diva messicana Lupita Tovar, con un favoloso Demián Bichir cui solo Jean Dujardin ha potuto togliere l’Oscar, dalla protervia dell’America first, nella bella traduzione di Fabrizio Coppola Francisco Cantú, pronipote di immigrati, americano per nazionalità (e in quel Paese la civiltà dello ius soli comunque esiste) ma messicano d’origine, dottore in diritto internazionale, borsista Fulbright, traduttore, che ha deciso di abbandonare il destino segnato per diventare guardia di frontiera, dipinge con prosa di rara potenza l’umanità bisognosa e intrisa di speranza: Solo un fiume a separarci – Dispacci dalla frontiera è da non perdere. Edizioni Minimum Fax.