di Gabriele Ottaviani
Anche le relazioni familiari, proprio fondandosi sugli affetti, si basano su abitudini proprietarie, buoni sentimenti di possesso.
L’età del ferro, Castelvecchi. Anno primo, numero secondo, novembre duemiladiciotto, con testi di Siti, Manacorda, Berardinelli, che ne sono anche direttori, e Marchesini, Zuccato, Abruzzese, Paris, Chiti, Del Zoppo e Tanda. Una rivista che andrebbe presa a modello, come vero e proprio punto di riferimento per chiunque abbia intenzione di fare cultura, in Italia e non solo. Con una veste agile ma dotta e densissima vengono infatti veicolati fra queste pagine contenuti di rara rilevanza: in merito alla critica militante si è detto, in particolare negli ultimi decenni, tutto e il suo contrario, volendo dar vita, almeno nelle intenzioni, a un dibattito che però per molto tempo è rimasto piuttosto sterile. Questa raccolta di saggi invece, rimettendo al centro la letteratura, l’arte, il suo valore sociale, politico, economico, culturale, etico, morale, simbolico e filosofico, indaga la cultura, sempre più vituperata e messa all’angolo, e la conoscenza, l’unica arma possibile contro l’ignoranza, la violenza, la bestialità, il malgoverno. Perché tutto è letteratura, dato che la letteratura parla della vita, anche quando, come il cinema e non solo, inventa mondi altri, che sono comunque riverbero della contemporaneità cui si riferisce e si rivolge, anche ciò che sembra essere agli antipodi, e proprio perché pare non avere un’immediata utilità pratica è in realtà indispensabile.