di Gabriele Ottaviani
Inizia con «sempre», smisurata parola già messa così, subito davanti, ma anche alle spalle. Mi fu… Sempre… Un giorno vidi questa parola scritta su un muro. Così, isolata nel frastuono di una città dove tutto sembrava correre via. Apparve come un controtempo, nel pieno del luogo del mutare, del vento di metallo, di vetro, fruscio, spostamenti. Sul muro della città. E qui, all’inizio. L’inizio di queste grandi poesie ci appare come inevitabile. Come se non potesse, e non avesse mai potuto, iniziare in altro modo. Così bello, come l’inizio di una sinfonia o di una canzone che amiamo, che ci sembra impossibile possa mai essere altro. Eppure poteva iniziare in molti altri modi. Migliaia di altri modi. Sono sul colle che… Eccomi… Guardo da… Invece inizia con: «Sempre caro…». Come se già il tempo, la dimensione da cui provenisse questa poesia, fosse smisurato. Lo scrisse quel poeta amante di Leopardi, il grande Piero Bigongiari: l’esperienza dell’Infinito fu «fortissima e lunga».
E come il vento – L’infinito, lo strano bacio del poeta al mondo, Davide Rondoni, Fazi. Sempre caro mi fu quest’ermo colle, / E questa siepe, che da tanta parte / Dell’ultimo orizzonte il guardo esclude. / Ma sedendo e mirando, interminati / Spazi di là da quella, e sovrumani / Silenzi, e profondissima quiete / Io nel pensier mi fingo; ove per poco / Il cor non si spaura. E come il vento / Odo stormir tra queste piante, io quello / Infinito silenzio a questa voce / Vo comparando: e mi sovvien l’eterno, / E le morte stagioni, e la presente / E viva, e il suon di lei. Così tra questa / Immensità s’annega il pensier mio: / E il naufragar m’è dolce in questo mare. È una delle poesie più celebri della storia e ha da poco festeggiato il suo duecentesimo genetliaco, è una sintesi perfetta della condizione umana, perennemente tesa fra essere e voler essere, condizionata dai limiti che anela superare, atterrita dalla magnificenza maestosa del concetto d’infinito, che non avendo barriere non si può pienamente comprendere e contemplare, eppure ammalia con fascino sublime: Davide Rondoni fa un’esegesi magnifica e imperdibile, altamente artistica sotto ogni aspetto. Da leggere.