di Gabriele Ottaviani
Come dicevamo, il punto di inizio, il grado zero della fotografi a del tatuaggio, non può che essere quello del suo autore, quel tatuatore che sembra in qualche caso allestire veri e propri set per riprendere la sua opera. L’intenzione comunicativa è quella di descrivere al meglio il tatuaggio, mostrare la definizione del tratto, la perfezione dell’esecuzione, l’uniformità delle colorazioni, la progressività delle sfumature, come anche l’originalità del soggetto. Uno fra i tanti esempi possibili è quello del berlinese Koit, che sembra avere una certa attenzione per questa pratica fotografica: posiziona i suoi modelli davanti a uno sfondo sempre molto simile e neutro rispetto al tatuaggio, inquadra solo la parte interessata, cerca di riprendere la pelle verticalmente in modo che non ci siano distorsioni prospettiche.
Iconologie del tatuaggio – Scritture del corpo e oscillazioni identitarie, Meltemi, a cura di Gianfranco Marrone e Tiziana Migliore. Fabbri, Bassano, Calefato, Meschiari, Puca, Mangano, Giannitrapani, Ventura Bordenca, Battistini, Petrizzo, Polacci, Raciti e Federico: sono molti gli autori degli interventi, corredati da un’ampia selezione di tavoli e immagini, in merito all’affascinante tema del tatuaggio, della scrittura del e sul corpo che si fa dunque simbolo, manifesto, messaggio, che genera avversione o attrazione, che a seconda del tempo, del contesto, della cultura determina numerose osservazioni e riflessioni. Da leggere e rileggere.