di Gabriele Ottaviani
Nella splendida cornice del museo di arti decorative Accorsi-Ometto, cui si accede dai raffinati portici di via Po, nel cuore di Torino, fa magnifica mostra di sé, è proprio il caso di dirlo, un’esposizione ricchissima che sarà allestita fino al venti di gennaio e che è assolutamente da non perdere, per lo più composta da oli, su tela, su cartone, su cartoncino, su tavola, ma anche da tempere, tecniche miste e disegni a matita, provenienti da collezioni private, dalla GAM di Torino, da Pinerolo, dal Biellese e non solo, che raccontano al mondo, che lo conosce poco, nonostante abbia avuto, soprattutto dopo la morte, atto finale di una vita travagliata (perse per malattia numerosi figli, e per pagare i medici finì sul lastrico, con la vedova costretta a passare gli ultimi anni all’ospizio di carità, eppure nulla traspare nella sua pittura poeticamente serena, nei suoi ritratti pacificatori, nei suoi paesaggi agresti riconoscibili e umili come le tamerici pascoliane), una discreta fortuna critica, l’arte e il genio di Enrico Reycend, vissuto a cavallo fra il secolo decimonono e il successivo.