di Gabriele Ottaviani
Già la sua vita racchiudeva qualcosa di favoloso e remoto; lui sembrava parte di un tempo svanito e irrevocabile.
Un’oscura vitalità, Thomas Wolfe, Paginauno. Cura e postfazione di Sabrina Campolongo. Traduzioni di Alessandra Patriarca, Nadia Cazzaniga e Sabrina Campolongo. Oscura la foresta, strano il tempo, L’inverno del nostro scontento, Il circo all’alba, Ritratto di un critico letterario, Il bambino e la tigre: in questi cinque racconti Thomas Wolfe, scrittore, poeta e drammaturgo, che ha assai influenzato la Beat Generation, dalla vita breve e intensissima, la cui esistenza si è dipanata tra il millenovecento e il millenovecentotrentotto, anni nel corso dei quali ha dato prova di una finissima capacità di descrizione, introspezione, profondissima analisi dell’universo che ogni vivente, nel suo piccolo, custodisce e che fa sì che si metta in relazione in modo sempre nuovo e lirico con l’ambiente che lo circonda e in cui vede riverberarsi le sue angosce e le proprie speranze, dipinge un mirabile e imprescindibile affresco dell’umanità nelle sue varie forme, del bruciante desiderio che muove le azioni, quello che si pone come obiettivo, spesso difficile da ottenere, e non senza dolore, il raggiungimento della pace, e della pienezza di senso, contro tutti i misteri e le contraddizioni. Da non perdere per nessuna ragione.