di Gabriele Ottaviani
«Come ti dicevo, stavamo ballando,» spiega a Tiziano, senza riuscire a capire se il tono della voce suoni più indispettito o affascinato. «E ballavamo in un certo modo, capisci? Perché lui fa tutto in un certo modo: ti guarda in un certo modo. Ti parla. Ti sfotte perfino, in un certo modo. Per non parlare di quando canta, o cammina. O si muove. Insomma, l’hai visto. Era chiaro che non potesse solo ballare, ma che dovesse fare anche quello in un certo modo…» L’altro annuisce, un po’ confuso. «E io ero… Non so. Perso, credo,» continua lui, senza alcun imbarazzo. «Lo stesso effetto che ti fa uno spinello, per intendersi. Quel senso di rilassatezza estrema, e allo stesso tempo l’adrenalina che brucia nel sangue. Uno sballo.» «Uno sballo,» ripete Tiziano, con l’aria di chi non ha la più pallida idea di cosa si stia parlando. «Poi lui ha strusciato l’inguine contro il mio, ha osservato attentamente la faccia da coglione di uno che sta quasi morendo lì, sulla cazzo di pista del cazzo di Nowhere,» prosegue. «E se n’è andato.» Per qualche istante, l’amico lo guarda soltanto. «In che senso se n’è andato?» chiede infine. Lui solleva le mani, poi le lascia ricadere stancamente lungo i fianchi. «Nel senso che mi ha mollato lì come un idiota. Ed è sparito.»
Folco sotto il letto, Micol Mian, Sabrina Romiti, Triskell. Sovviene d’immediato alla mente una sequenza di Un uomo, una donna di Claude Lelouche: sulla spiaggia, baciati da una luce soffusa e trasversale, un cane e il suo padrone passeggiano insieme, e pare evidente che fra di loro esista una sorta di reciproca somiglianza. Del resto è un luogo comune, e si sa che alle leggende non manca un fondo di verità, che è possibile che ognuno di noi abbia sperimentato: similis cum similibus facillime congregantur, non è certo una novità. Anche per Mattia e Folco vale questo principio: il primo è un ragazzo giovanissimo col cuore infranto che non sa cosa sarà del suo futuro, il secondo un cucciolo di chihuahua che diffida dell’universo mondo e per questo se ne sta sempre sotto il letto. Ma dall’altro lato del pianerottolo, nel condominio dove vivono, nella sempre suggestiva Torino, c’è Bruno. Che ha trent’anni. Fa il fotografo. E non ha intenzione di arrendersi dinnanzi alla corazza di dolore che il vulnerabile Mattia ha edificato intorno a sé. E… Coinvolgente e convincente.