Libri

Alessandro Sbrogiò e la società delle note

51lelogweel-_ac_us218_.jpgdi Gabriele Ottaviani

La sua travolgente simpatia rende meno cupa anche la giornata monsonica a Roma, città assai amata da lui che ha molto viaggiato, avendo per tre lustri fatto parte come contrabbassista di un’orchestra, una vera e propria famiglia in cui gli è capitato di vivere ogni genere di aneddoto: Alessandro Sbrogiò è l’autore di Cadenze d’inganno, e Convenzionali è assai felice di intervistarlo per voi.

Da dove nasce questo libro?

Da quello che non si dovrebbe mai fare. Si dice sempre che gli scrittori non dovrebbero essere autobiografici..

Anche se poi in realtà in ogni prodotto umano c’è, volente o nolente, una traccia del suo artefice…

Esatto. E io infatti sono partito proprio dall’osservazione diretta del microcosmo, della società piccola ma perfetto specchio della realtà più generale – non è un caso che quel genio di Fellini abbia realizzato prova d’orchestra – che è l’orchestra di cui ho fatto parte per quindici anni (e il personaggio peggiore è il contrabbassista, proprio perché così mi sono evitato tutti gli strali possibili! [ride]). Tanto che il libro ha quindici anni, era il classico manoscritto nel cassetto…

Ne ha altri?

Beh, sì…

E allora faccia loro vedere la luce…

Ah, fosse per me… (ride) In ogni modo un amico mi dice del concorso Da Ponte (di cui Cadenze d’inganno ha vinto l’edizione del duemiladiciassette, ndr), ma io lì per lì gli rispondo che ormai non è più tempo di fare lo scrittore. Poi a due giorni dalla scadenza recupero i vecchi fili, rileggo, limo, aggiusto, spedisco e… Ecco qua!

Fa bene rileggere dopo anni quello che si è scritto, vero?

Sì, assolutamente.

La parola è alla base di un linguaggio, così come lo è la musica. Quali sono le analogie e le differenze?

Io sono anche compositore, e in effetti devo dire che secondo me entrambi i linguaggi prima di tutto hanno essenziale bisogno di ritmo e fluidità, ma se la musica, dato che è più universale, è per forza di cose pure più eterea, nella scrittura è necessario chiamare le cose col proprio nome, e questo è un esercizio importante. Oltre che un notevole risparmio sulla psicoterapia! (ride)

Che tipo di società è l’orchestra? Democratica, oligarchica, aristocratica…?

Assolutamente non democratica, ci sono delle regole e delle gerarchie rigidissime che però sono indispensabili per costituire la base di un lavoro armonioso che dà risultati di ineffabile bellezza, e le dinamiche tante volte possono essere anche feroci. Al tempo stesso però è anche una società profondamente meritocratica: chi vale alla fine emerge sempre!

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Una risposta a "Alessandro Sbrogiò e la società delle note"

  1. Pingback: “Orchestra Tipica Madero” | Convenzionali

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