di Gabriele Ottaviani
Il treno che lo riportava a casa dopo quasi due anni entrava in stazione rallentando la sua corsa e Mauro non comprendeva quale fosse il motivo di quel fischiare disperato, era una stazione, quella della sua cittadina, con quattro binari, quale rischio si poteva correre entrando anche ad alta velocità? Sporgendosi dal finestrino si potevano vedere i binari imbiancati dai prodotti che i pulitori versavano per disinfettare. L’edicola che dava sul binario, di fianco al cartello blu di fermata, sbandierava i poster delle ultime novità per i collezionisti più accaniti, la sirena del primo carro pompieri della storia americana, il lampeggiante della berlina più venduta in Germania; il primo numero in DVD dell’ultima serie trasmessa dalla TV. In fondo, prima dei bagni, una signora usciva dalla cappella della stazione, la porta dell’umile luogo sacro di passaggio era aperta e all’interno si poteva scorgere un altare con un tabernacolo spoglio, una pianta di edera finta, sbiadita, tanto da sembrare arsa dalla siccità vera.
E venni al mondo, Barbara Buoso, Apogeo. Fiorella è una donna a cui la vita non ha fatto sconti, sin dalla sua infanzia agra, povera e contadina: ha una figlia, Marzia, che fa la proiezionista di film in un cinema-teatro di provincia quasi sempre vuoto e che deve combattere con la madre per poter connettersi a Internet, che per Fiorella è in pratica uno strumento del diavolo. Ma è proprio grazie alla rete che ha consapevolezza, invece, del destino che la attende. Mauro si sposa senza amore con Gloria per mettere a tacere le voci che poi voci non sono, bensì verità, visto che lui è altro che cerca, che vuole, che sogna, e arriva persino a vendersi per cercare di essere libero. Le loro storie si intrecciano in una trama solida e avvincente, vicende di persone fragilissime ma determinate, persino oltre ogni aspettativa e previsione, a trovare il proprio posto nel mondo, ogni volta come se, di nuovo, nascessero alla vita. Da leggere.