di Gabriele Ottaviani
«Questo non credo. Nonna non è mai stata la classica nonnina da Mulino Bianco.» «Forse le storie non te le leggeva. Ma il resto è verità.» «Sono cresciuta con lei, che colpe le puoi fare se di tanto in tanto si concedeva qualche gentilezza?» «Era più di una qualche gentilezza. O almeno così era ai tuoi occhi.» «Che vuoi dire?» «Quando quel pomeriggio sono arrivata a prenderti, tu sei andata a cambiarti in bagno, mentre io e nonna ci prendevamo un caffè. Poi sei tornata, ci hai viste l’una a fianco all’altra, e nonna ti ha detto “dai Michelle, vai dalla tua mamma!”. E tu, senza nemmeno pensarci, sei corsa tra le sue braccia invece che tra le mie.» «…» «…» «Mi dispiace, mamma.»
Nonnasballo, Mirko Zullo, Cairo. La Milvia è una forza della natura. È indomita. È una guerriera. È bella. È allegra. È energica. Volitiva. Combattiva. Inarrestabile. Dice le parolacce. Ama ballare. È argento vivo. È irresistibile. È straordinaria. Impossibile non amarla. Non è facile, ma se fosse facile non sarebbe bello, si sa. È una nonna. È la nonna di Michelle. È una ragazza che ha sofferto. Che soffre. Che ha paura di sbocciare. Che ha paura di crescere. Che è stata cresciuta dalla nonna. Che un giorno inizia a cambiare. Piano piano sempre di più. Sempre più velocemente. Non è più lei. Non c’è più. La diagnosi non può essere che una. Atroce. Orrenda. Terribile. La più temuta. Alzheimer. E allora diviene bambina. Ed è Michelle la sua guida. La sua roccia. Il suo riferimento. Straziante e bellissimo.