di Gabriele Ottaviani
Transit. Siamo tutti lo stesso cielo, tutti in cerca di un senso, di identità, appartenenza e punti di riferimento, tutti migranti e tutti di passaggio, pagine di un racconto che ogni volta cambia forma, che la vita continuamente si diverte a scrivere e riscrivere, che nemmeno la morte riesce a definire completamente, ogni tempo ha i suoi fascismi, i suoi pregiudizi, i suoi violenti opportunismi, i suoi dolori, le sue ansie, le sue paure, le sue riflessioni, le sue speranze. Ispirato dall’omonimo romanzo che Anna Seghers, nata a Magonza nel millenovecento e morta a Berlino Est ottantatré anni dopo, ha scritto durante il suo esilio, trasla in un’ambientazione contemporanea la tragedia della Francia occupata, ma, per quanto suggestivo, non mal diretto né mal interpretato, appare purtroppo troppo cerebrale e nel complesso confusionario. Peccato.