di Gabriele Ottaviani
Quando fu di ritorno, Jem trovò Eben che si reggeva appena in piedi, chino su un boccale di birra. Sedettero sul lido a guardare il sole tramontare: il rosa, l’arancio e il viola che scivolavano nel fiume fino a quando l’acqua increspata parve oro fuso. Il commerciante aveva l’aria molto soddisfatta. «Mi hai salvato la pelle, vecchio mio, prima a Muscatine e adesso qui. Questo cappotto è vecchio, ma non vorrei mai separarmene. Mi porta fortuna. Lascia che ti mostri i segreti che nasconde».
L’ultima perla, Leah Fleming, Newton Compton. Traduzione di Nello Giugliano. Diviso in quattro parti, è un romanzo assai piacevole a leggersi, fluido, elegante, semplice, chiaro, raffinato, non banale, solido, ben scritto, caratterizzato nel dettaglio, estremamente coerente. Sin dal titolo. Del resto a cosa fa pensare una perla se non a una collana? A un filo, che unisce più elementi. Qualcosa di prezioso. Di delicato. Di cui bisogna avere cura. Qualcosa che rassomiglia alla vita, che altro non è in fondo che la matassa miticamente dipanata dalle Parche. Quella vita che Greta riesce a cambiare grazie alla sua abilità nell’aiutare un anziano gioielliere. Quella che Jem vede corrosa dalla brama di vendetta che lo consuma perché gli è stata sottratta una perla pregiatissima dal grande potere. Quella che tutti vivono, cercando di fare il loro meglio, relazionandosi inevitabilmente con gli altri, col cuore sempre pronto a sorprendersi… Intenso.