di Gabriele Ottaviani
A me era sembrato molto convincente Ares, soprattutto quando le aveva detto che voleva riprendere la sua vita di prima, riprendere il loro futuro insieme, che avevano fatto tutt’e due un’esperienza sulla terra che li aveva cambiati e che ora potevano essere migliori. Era stato davvero un bel discorso, perfino mia madre lo aveva dovuto ammettere; era stata la risposta di Yara ad avermi un po’ spiazzato. «Bene, Ares. Sono contenta che sei tornato per riprendere il tuo ruolo e la tua natura di tritone, ma adesso sono io ad avere bisogno di tempo e a essere confusa. Ora sei tu che dovrai aspettare me e senza fare storie. Chiaro?» Tutte ci eravamo guardate un po’ perplesse. Non c’era dubbio, e io lo pensavo seriamente, Yara adesso stava esagerando. Va bene fargliela pagare, ma la stava facendo davvero troppo lunga.
Sirene – Un’avventura terrestre, Monica Rametta, Salani. Un’avventura terrestre, recita il sottotitolo, nonché una storia d’amore con le pinne, e in effetti è proprio così. Del resto, l’amore è amore, che abbia le branchie o meno, che la sua coda sia quella di un pesce o una di cavallo, perché magari si è scelto, una mattina, di corsa, di acconciarsi così i propri lunghi capelli, anziché lasciarli ricadere sulle spalle. E d’amore parla, d’amore e non solo Monica Rametta. Che scrive benissimo. E sceneggia splendidamente. Per esempio è a lei, insieme a Ivan Cotroneo e a Stefano Bises, che si devono alcuni dei migliori prodotti televisivi italiani degli ultimi anni, da, solo per citare qualche titolo, quel Tutti pazzi per amore la cui freschezza non è ancora stata eguagliata – e i cui migliori momenti sono stati anche raccolti in volume – a Una grande famiglia, la saga del clan dei mobilieri Rengoni di Inverigo, capitanati da una strepitosa Stefania Sandrelli nel ruolo di Nora (non Walker, benché gli appassionati, inchiodati di norma sul divano sin dalle prime note della sigla di testa, in attesa che il cancello della dimora si aprisse nella bruma, non abbiano potuto non trovarvi qualcosa nello spirito della Sally Field di Brothers & sisters, family drama dovuto principalmente a Baitz e Berlanti – non gliene saremo mai abbastanza grati – che, specialmente per quel che concerne le prime due stagioni, ha toccato vette formidabili a livello internazionale). Perché la solidità della scrittura è fondamentale, quali che siano gli intenti che ci si pone come riferimento e obiettivo: è da lì che si prendono le mosse, altrimenti è come costruire senza fondamenta. E sulla rete ammiraglia della tv pubblica italiana è ora il turno – la fattura è pregevole e il cast è stellare – di Sirene, dove i temi cari alla Rametta, l’attenzione alla diversità, all’altro, all’integrazione e al dialogo, attraverso anche incursioni nella fantasia, in quell’immaginazione che al di là delle differenze è terreno comune a tutti gli esseri umani, perché ognuno sogna, ognuno ha degli aneliti, ognuno ha un’anima, tornano più brillanti che mai. Una storia in cui tuffarsi: da non lasciarsi scappare per nessuna ragione.