di Gabriele Ottaviani
La nostra isola sembrava un panettone o un cono tronco che emergeva dal mare.
Terremoto, Chiara Barzini, Mondadori. Traduzione a cura di Francesco Pacifico. Anni Novanta, secolo ventesimo, Los Angeles, California, Stati Uniti d’America. Può sembrare un bel posto. In realtà non è così. La situazione è molto più difficile di quel che appare. Perché se non ci sei nato, ma ti ci portano per forza di cose, se la tua famiglia, confusionaria per antonomasia, ti strappa da tutto quel che hai, della terra dei sogni e delle opportunità, e della città di Hollywood e dell’oceano, non percepisci affatto il fascino e il rutilante sempiterno scintillare. Anzi. Devi fare attenzione a come ti vesti, altrimenti penseranno che tu faccia parte di una gang. Nessuno passeggia, tutti si muovono sempre e comunque in macchina per andare dappertutto. Ci sono armi a ogni angolo di strada. Beverly Hills 90210 è solo un telefilm, tu non sei Brenda, non vieni dal Minnesota, non hai una vecchia macchina detta Mondale in onore del candidato democratico che straperse contro Reagan, ti chiami Eugenia e il quartiere in cui finisci è un vero e proprio ghetto. Te ne capitano di ogni, scossone dopo scossone, smottamento dopo smottamento, terremoto dopo terremoto, compreso il sisma autentico, quello del diciassette di gennaio che fa cinquantasette morti e migliaia di feriti: insomma, in una parola, e non solo per quel che concerne il sesso, cresci. A Chiara Barzini è capitato quello che succede a Eugenia, più o meno: e lo racconta con una forza, una schiettezza, un’asciuttezza e un’empatia rare e bellissime.