Libri

“L’Irlandese”

41fl10OOi8L._SY346_.jpgdi Gabriele Ottaviani

Settembre 1942. All’inizio il viaggio sembra procedere senza intoppi: il paesaggio cambia rapidamente contro il cielo azzurro di quella tersa giornata autunnale; fuori dal finestrino alberelli, rovi e felci marroncine sono un’unica macchia di colore. Suzanne tiene lo sguardo fisso fuori, oppure dorme. Continua a non rivolgergli quasi la parola. La volta precedente erano scappati come scappano i cavalli o le pecore: perché si erano spaventati, perché tutti quanti scappavano. Erano andati dai suoi amici. Prima da Shem a Vichy, poi da Mary e Marcel ad Arcachon; avevano goduto del vino, del mare, del sole, e la paura che li aveva spinti era, considerata col senno di poi, atrocemente ingenua. Non era stato ancora ammazzato né arrestato nessuno. Nessuno di loro correva un pericolo immediato. Nessuno dava loro la caccia. A posteriori, non si capisce perché pensassero di dover scappare. Adesso invece sono soli, in fuga nel buio piú totale, e c’è solo una lucina a indicar loro la strada, lontana e incerta per di piú. Il treno rallenta, supera a passo d’uomo mucchi di legname e di ghiaia, magazzini e carri merci parcheggiati, binari morti e fabbriche, e fumo che sale da alte ciminiere e si spande nel grande cielo azzurro. Un centimetro alla volta, stanno andando a sud. Si trascinano verso l’unico appiglio che hanno: un paesino isolato, dove le strade sono talmente in cattivo stato, e le case così piccole e sgangherate, che nessuno se ne occupa. Roussillon. Alcuni amici di Suzanne, i Lob, ci vivono discretamente bene, senza subire fastidi, benché lui sia ebreo. Ma è molto distante, e c’è ancora la frontiera da attraversare, e ogni chilometro sembra più lungo del precedente.

L’Irlandese, Jo Baker, Einaudi. Traduzione di Giulia Boringhieri. Millenovecentotrentanove. È settembre. La Germania ha invaso la Polonia. È iniziata la guerra. I nazisti sembrano essere sospinti a velocità supersonica da un vento più che propizio verso la vittoria. Un uomo ha una compagna. Torna da lei. Se ne era allontanato. Era nella sua tranquilla Irlanda natia. Anche troppo tranquilla: asfittica, verrebbe da dire. Lascia l’isola verde, e riprende la strada di Parigi. Il lavoro non va, la scrittura non procede, le traduzioni nemmeno, James Joyce è un’ombra che lo sovrasta. Cerca di dare con i fatti una risposta alla madre, che lo considera a dir poco inutile. La storia dimostrerà che non sarà così, anche se saprà cantare come nessun altro mai l’inutilità del vivere e la vacuità assurda della contemporaneità. L’Irlandese è il suo nome di battaglia nella resistenza. Quello con cui tutti lo conoscono è Samuel Beckett. Semplicemente, una storia straordinaria scritta in modo straordinario: Jo Baker avvince e convince.

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