di Gabriele Ottaviani
L’indomani la strada per la fabbrica è un cunicolo da percorrere senza prendere fiato.
Di roccia di neve di piombo, Andrea Nicolussi Golo, Priuli & Verlucca. Ha i capelli rossi e gli occhi verdi, si chiama Nives, è nata in montagna ma, giovanissima, è già alla catena di montaggio, alienante, ripetitiva, umiliante. Con lei c’è Gottlieb, c’è Onorio, che di giorno s’ammazza di fatica e di notte s’ammazza di studio, perché la fabbrica gli va stretta come un paio di scarpe vecchie e lise dove il piede non riesce più a entrare e si vuole laureare, c’è Lorenzo, c’è Ernesto, che tutti chiamano ErnestocomeilChe, che fa il sindacalista e va in giro portando sempre con sé, per non saper né leggere né scrivere, un paio di lacci emostatici, nel caso le pallottole fossero dirette solo alle gambe. Sono gli anni delle BR, il tempo delle rivendicazioni, delle speranze, delle utopie, delle violenze, dei tragici errori, dei crimini ammantati di ideologie, sepolcri imbiancati da una visione del mondo che predicava giustizia ma giustiziava innocenti reputati nemici. Non c’è nessuno che possa scagliare la prima pietra, perché nessuno è senza peccato. Non ci sono colpevoli, ma non è possibile nemmeno sentirsi immacolati, essere assolti. L’affresco d’epoca che realizza l’autore, con asciutta accortezza, stile gradevole e piano, facile a leggersi ma sempre assai intenso, è credibile e avvincente, così come è ampio il respiro di questo romanzo corale in cui ogni voce si manifesta come una dolente palinodia del rimpianto. Fa riflettere, è da leggere.
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