di Gabriele Ottaviani
La ndrangheta che Strati disseziona nel “ciclo di Torrerossa” è quella che i sociondranghetologi definiscono “arcaica” e che era legata alla povera economia agro-pastorale dell’Aspromonte. In questo mondo rappresentava un elemento “positivo” in senso comtiano…
Ritratti in piedi nel Novecento calabrese – Otello Profazio, Saverio Strati, Rosario Villari – In appendice Minima personalia, Giuseppe Tripodi, Città del sole. Otello Ermannno Profazio, nato a Rende, in provincia di Cosenza, il giorno di Santo Stefano di ottantuno anni fa, è un cantautore e cantastorie folk. Ha realizzato un numero impressionante di album, reinterpretando e rielaborando buona parte della tradizione meridionale, nonché le poesie in lingua siciliana di Ignazio Buttitta, poeta e militante antifascista e comunista, nativo di Bagheria e anche vincitore del Premio Viareggio per la poesia (Io faccio il poeta) nel millenovecentosettantadue, lo stesso anno, ricco di ex aequo, nel quale tra narrativa, saggistica, opere prime e premi del presidente si aggiudicarono il prestigioso riconoscimento – e del resto pure a Prefazio, nel suo campo, non sono mancati – nomi del calibro di Bilenchi, Lombardo Radice, Sanvitale, Debenedetti, De Vita, Ferrero, Marotta jr, Sereni e Salvalaggio. Celebre e amato, Otello Profazio è legato a titoli come Cristoroforo Colombo, Qua si campa d’aria, U briganti Musulinu, La canzone del ciuccio, La barunissa di Carini, Stornelli calabresi, Carcere e villeggiatura, Guvernu talianu. Ha dato voce agli ultimi, ha cantato la loro melodia. Saverio Strati (La marchesina, Mani vuote, Gente in viaggio, Il codardo, Il diavolaro, Terra di emigranti, Piccolo grande Sud, Il selvaggio di Santa Venere), di Sant’Agata del Bianco, vicino ad Africo, Bruzzano Zeffirio, Caraffa del Bianco, Casignana, Ferruzzano, Samo e San Luca, era uno scrittore che ha abbandonato gli studi – poi ripresi – dopo la licenza elementare per cominciare subito a lavorare come muratore, e ha saputo impregnare di impegno civile anche le trame delle sue favole. Rosario Villari, di Bagnara Calabra, presso Reggio, storico e politico italiano, parlamentare del PCI nel corso della settima legislatura della storia repubblicana, fratello di Lucio Villari, anch’egli studioso di chiara fama, non ha mai dimenticato nelle sue opere di porre l’accento sulla questione meridionale, contestualizzandola nel più ampio bacino delle vicende che ancora oggi, cambiando quel che dev’essere cambiato, caratterizzano alcune fra le principali problematiche del nostro Paese specialmente per quel che concerne il suo sviluppo economico, sociale, culturale, politico, il drammatico tema della sempre crescente sperequazione sociale, che è terreno fertile non solamente per la criminalità ma pure per l’attecchimento di un diffuso senso di disumanità nei confronti di chi appare diverso e quindi nemico, non un debole da aiutare ma qualcuno che dovrebbe starsene lontano dagli occhi e dunque dal cuore. A questi ritratti in piedi, e non potrebbe essere altrimenti, visto che si tratta di personalità che mai e poi mai hanno piegato la schiena o sacrificato la propria impagabile dignità a un altare vano, l’autore, Giuseppe Mario Tripodi, per decenni insegnante di storia e filosofia, aggiunge un’appendice autobiografica gustosissima e autoironica: il libro è rigoroso, narra vita e opere con acribia da filologo e brillantezza aneddotica, divulga, fornisce dati, regala emozioni. Le immagini non sono mai bidimensionali, l’approfondimento è vivace, e si coniuga efficacemente con il recupero e il controcanto di un paesaggio e di un mondo che appaiono scomparsi, celati dalle brutture contemporanee, eppure ancora presenti, se non altro nelle radici di chi vi ha vissuto, un patrimonio da eternare oltre l’inesorabile sbiadire della memoria.
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