di Gabriele Ottaviani
Ero malata di una folle speranza, il pensiero che sarei rimasta per sempre nello spazio felice della sua attenzione.
Le ragazze, Emma Cline, Einaudi, traduzione di Martina Testa. Evie ha bisogno solo di una cosa. Di attenzione. Del resto è una adolescente, è normale, è avviluppata in quella triste e felicissima fase in cui l’esistenza è il crinale di una sinusoide impazzita compresa tra euforia e disperazione, volontà di potenza e dramma dell’inadeguatezza. Brama ardentemente con tutte le sue forze che qualcuno si accorga di lei. Del fatto che esiste. Vuole sentirsi importante per qualcuno. Per poco, pochissimo. Anche solo per un attimo. Basterebbe un secondo soltanto, sarebbe sufficiente, per lei che si sente sempre immersa in un cono d’ombra, avvolta da una cappa oppressiva di disinteresse, per scrollarsi dalle calcagna quel cane rabbioso che è la sua solitudine. Spera che d’un tratto arrivi qualcuno che la porti via dalla sua vita ordinaria. Non crede però che possa accadere. Invece accade. Arrivano le ragazze. E inizia il viaggio senza ritorno. Capelli lunghi. Gambe in mostra. Un ranch piuttosto sperduto. Musica. Profumo d’incenso. Corpi. Sesso. Più che un romanzo, uno psichedelico caleidoscopio, un ritratto perfetto, empatico, vero e profondo dell’animo umano. Da non perdere per nessuna ragione: mozza il fiato.