di Gabriele Ottaviani
“Le nostre azioni non ci appartengono mai veramente”, dice.
La traiettoria dell’amore, Claudio Volpe, Laurana. Giuseppe è un uomo come tanti. Fa un incidente, come sventuratamente può succedere a tutti, per una serie infinita di motivi. Del resto si chiamano incidenti proprio perché capitano, perché le due rette che definiscono due diverse traiettorie di due distinte esistenze arrivano in un momento qualsiasi e in un punto qualunque a incrociarsi. Entrano in contatto, collidono. E tutto cambia, perché ogni azione non solo prevede com’è noto una reazione uguale e contraria, ma perché ogni atto ha le sue conseguenze. Niente è né può essere più come prima, quando si è innescato il lento e inesorabile crollo del domino nulla può impedirlo, a meno che non si decida di intervenire, di interferire profondamente, dall’esterno. Giuseppe non accetta Andrea. Non le parla da anni. Andrea è sua sorella. Fa la tatuatrice. Ama Sara. Che era una prostituta. Il tempo passa però, e la vita, è noto, ama giocare come una marionettista dispettosa con i destini degli uomini e delle donne. Il cupo tonfo della lamiera sul corpo è il rumore dell’epifania della nuova consapevolezza: Claudio Volpe conferma l’efficacia della sua vena di narratore, con una prosa limpida, precisa e solida che non lascia nulla al caso, e che descrive con profonda credibilità l’ampia gamma delle dinamiche dei sentimenti e delle opere degli individui, che sempre si pongono le medesime domande, che sempre si prefiggono lo stesso obiettivo. Ovvero la felicità. Presentato all’edizione del premio Strega prossima ventura, è da leggere.
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