di Gabriele Ottaviani
Per quanta Nutella ci spalmo sopra, i savoiardi sbriciolati nel latte mi lasciano in bocca un sapore triste.
Orfanzia, Athos Zontini, Bompiani. Non si resta bambini per sempre. I bambini dopo un po’ non ci sono più. Dove finiscano, in effetti, non si sa sul serio con precisione matematica. Troppo semplice la storia secondo cui rimangono sempre nel cuore di ognuno, anche se il petto si fa adulto. Per il protagonista di Orfanzia la colpa – Freud sarebbe orgoglioso di lui – è dei genitori. Senza se e senza ma. E quindi lui combatte una lotta senza quartiere, che fa della disobbedienza all’invito che si fa ordine la sua arma più affilata. E l’invito è il più classico fra i classici: mangia. Il piccolo cresce, e crescendo svanisce. Bello da fare male, il romanzo di Zontini, autore radiofonico e sceneggiatore (Un posto al sole), è un pugno nello stomaco di rara forza, bellezza e sensibilità, travolgente, disarmante e spiazzante.